HOMEPAGE
FORMEDIL





La scambio degli amici

Gli amici sono spesso uno specchio dove è possibile riconoscersi. Il rapporto con loro diventa così un interessante momento di verifica delle proprie scelte. A tutti i ragazzi è stato chiesto quale reazione vi sia stata da parte degli amici alla loro decisione di andare a lavorare nell’edilizia. Dalle interviste emergono soprattutto due aspetti interessanti. Da un lato l’abbandono scolastico e la scelta di lavorare può costituire o meno un elemento di frattura rispetto all’ambiente amicale, e ciò è determinato dal contesto sociale e culturale di riferimento.
Dall’altro lato, molto spesso fare il muratore è una scelta che procura almeno inizialmente un certo disorientamento, per poi venire assorbito dalla cerchia amicale, oppure divenire un fattore di uscita da un gruppo e l’entrata in un altro.
Così come nelle reazioni delle famiglie, ancora di più sul piano amicale l’ambiente sociale di appartenenza, la collocazione nell’ambito di sistemi di relazione più o meno omogenei influiscono sul giudizio e sull’accettazione della nuova condizione. È evidente che un maggior livello di omogeneità rispetto alla scelta del singolo determina un giudizio positivo, e viceversa.
Leonardo, siciliano trapiantato in Toscana: Si, mi sono ambientato bene, anche perché lavoro in discoteca il sabato sera, e i miei amici lavorano in discoteca con me, poi c’è chi studia e chi lavora. Il fatto che lavori in edilizia non ti sminuisce? No, per niente, non ho amici che dicono questo, forse all’inizio perché avevo amici che studiavano e mi sentivo un po’ a disagio. Ma ora no.
Gli fanno eco Mario: I miei amici studiano, alcuni lavorano e studiano. Ma non mi giudicano male; e Claudio: Se ne fregano, c’è chi lavora, poi chi studia, ma non ne parlano male, alcuni lavorano in edilizia pure.
Si sa, del resto, che le amicizie si costruiscono anche sul posto di lavoro, così come la contiguità di condizione sociale fa sì che si creino amicizie tra persone che operano nell’edilizia. È questa una considerazione che trova conferma anche nelle risposte al questionario là dove si è chiesto come si sia venuti a conoscenza dell’opportunità di lavoro. Ebbene il 34 per cento delle risposte indica gli amici; meno del 9 per cento i compagni di lavoro e il 45 per cento la famiglia. A conferma della continuità generazionale in questo settore.

Come sei venuto a conoscenza di questa opportunità di lavoro?

Totale Nord
Totale Centro
Totale Sud
Totale Italia
*
203
100
12
315
-
1
0,5
3
3,0
0
0,0
4
1,3
a
98
47,3
42
41,6
4
33,3
144
45,0
b
12
5,8
15
14,9
1
8,3
28
8,8
c
71
34,3
33
32,7
6
50,0
110
34,4
d
2
1,0
2
2,0
0
0,0
4
1,3
e
4
1,9
0
0,0
0
0,0
4
1,3
f
1
0,5
0
0,0
0
0,0
1
0,3
h
18
8,7
6
5,9
1
8,3
25
7,8
207
101
12
315

*
numero questionari
-
non risponde
a
in famiglia
b
compagni di lavoro
c
amici
d
riviste e giornali
e
per sentito dire
f
sul campo da calcio
h
altro (specificare)

Spesso gli amici lavorano come loro, e anche se non sono occupati nell’edilizia la condizione è egualitaria come precisa Francesco che alla domanda: Tra i tuoi amici questa tua scelta come è stata giudicata? risponde abbastanza bene, anche perché dove vivo io, alla periferia di Perugia, i ragazzi lavorano quasi tutti, non nel campo edile, ma nell’elettronica, o idraulica, sono tutti lavori che si somigliano.
Anche nella bergamasca, come racconta Fabio tanti fanno gli operai nelle fabbriche, mentre chi ha studiato, i miei amici per esempio, c’è chi fa l’agente immobiliare, c’è chi fa il geometra, o l’elettricista, l’idraulico, un po’ di tutto. E non ci sono differenze.
L’omogeneità di condizione sociale assume una maggiore rilevanza nei casi in cui i ragazzi lasciano la scuola dopo la terza media. Qui spesso si determina un disagio, una più marcata differenziazione con chi prosegue gli studi, che risulta attenuata o totalmente annullata di fronte a un contesto dove la scelta del lavoro precoce costituisce la regola e non l’eccezione. Si tratta nella maggior parte dei casi di realtà a preponderante presenza operaia. Gabriele sottolinea come lo prendono un po’ in giro, ma non ci faccio caso, dicono che sto seduto tutto il giorno. E Damiano, anche lui della provincia di Verona sottolinea come tra i suoi amici la maggior parte studia, e mi prendono anche un po’ in giro, non riescono a capire che difficoltà ci può essere in questo lavoro. Invece è più duro di quello che sembra, ma loro non lo capiscono, dovrebbero provare. Tra il geometra appena diplomato e il muratore che lavora da 20 anni è più portato a fare il geometra il muratore!! Invece nella scuola impari la teoria e poi te lo fanno vedere sulla pratica, che è meglio.
Dalle due testimonianze si evince l’esistenza di una scala di valori, all’interno della quale il lavoro in edilizia resta comunque collocato ai livelli più bassi e l’andare a lavorare resta una condizione da rimandare nel tempo. Egualmente, tuttavia, il disagio e la valutazione sminuente si attenuano con il passare del tempo che coincide con la crescita biologica dei protagonisti e della consapevolezza di aver fatto la scelta giusta e di svolgere un lavoro diverso da quello che l’ambiente amicale aveva considerato fosse.
Racconta Flavio di Livorno Mi possono dire: “Poverino, tutto il giorno al freddo!”, Ma tu se ti do un martello, non sai mettere nemmeno un quadro. Forse, qui a Livorno perché c’è una mentalità particolare, ma no, i miei amici mi rispettano. Anche Matteo di Bergamo rivendica un suo status, fatto di competenze e di capacità. C’è questa idea che il muratore, e più ancora il manovale, lo possono fare tutti, ma un conto è fare il muratore e un conto è fare il manovale, non è mica la stessa cosa! Le dirò che qualche mio amico che fa il geometra mi ha chiesto ancora consigli, del tipo che son dovuto andare io a tirargli fuori un progetto, cose del genere…Hanno capito che non sono uno che non sa fare niente, che fa il manovale. E il fatto di lavorare in edilizia, nel rapporto con le ragazze, con gli amici, ti crea dei problemi? Non tanto, io sono il tipo che parte la mattina, va a lavorare e torna la sera, ma appena esco dal cantiere basta, i miei problemi li lascio lì e poi la sera son tranquillo, poi è ovvio se poi uno è una persona che è tutta precisino.. Ah, il muratore.. Però intanto io ti faccio vivere con un tetto sulla testa! E questo tanta gente non lo capisce. Si pensa sempre al muratore come un povero disgraziato, eppure se non ci fossero…
E non si tratta di casi sporadici se al questionario, alla domanda relativa a come venga considerato il lavoro del muratore dalla società, al secondo posto dopo l’aggettivo di duro viene indicato quello di prestigioso. Siamo di fronte ad un venti per cento del campione, lo stesso presumibilmente che il muratore lo farebbe fare anche al figlio.
Andrea, che vive a Verona si sente sicuramente un po’ speciale perché di giovani che lavorano in edilizia ce ne sono pochi. Tutti vogliono studiare, o se vanno in edilizia senza studiare fanno solo i manovali, e la maggior parte lo fa perché è costretto, poi ci sono quelli come me che lo fanno perché lo fa il padre, e lavorano nell’impresa del padre.
Per molti la scuola non è soltanto un’istituzione coatta, ma anche un luogo dove si sono fatte amicizie e che l’aver iniziato a lavorare le ha spesso interrotte con la conseguenza di essere diventato per quei vecchi amici una persona diversa. Paolo di Gubbio lo sintetizza così: Ma magari se fossi andato a scuola avrei fatto più conoscenza, avrei più amici, io ancora sono un ragazzo e però sto sempre con gente più grande di me. I miei amici vanno quasi tutti a scuola, e mi vedono forse più grande, perché lavoro.

Come ti sembra sia considerato il lavoro del muratore dalla società?

Totale Nord
Totale Centro
Totale Sud
Totale Italia
*
203
100
12
315
-
6
2,8
3
3,0
0
0,0
9
2,8
a
32
15,1
11
11,0
1
8,3
44
13,6
b
35
16,5
21
21,0
6
50,0
62
19,1
c
13
6,1
7
7,0
0
0,0
20
6,2
d
29
13,7
16
16,0
0
0,0
45
13,9
e
97
45,8
42
42,0
5
41,7
144
44,4
212
101
12
324

*
numero questionari
-
non risponde
a
ben remunerato
b
prestigioso
c
dove è facile fare carriera
d
umile
e
duro

 


Minori problemi hanno senza dubbio coloro che sono cresciuti in aree che si caratterizzano come veri e propri distretti edili, dove, come si è visto, non soltanto le famiglie perpetuano la tradizione artigiana, ma l’abbandono scolastico dopo l’obbligo è fenomeno preponderante. In alcune vallate della provincia di Bergamo, così come a Gubbio la contrapposizione con chi studia o ha studiato è nello stesso modo di vivere.
Beniamino della provincia di Bergamo ammette che con quelli che hanno studiato o fanno altri lavori è molto difficile trovarsi e parlare, si comunica ma nei limiti; e Matteo di Gubbio riprende le parole del suo omonimo di Bergamo per sottolineare che si c’è qualche amico mio che dice: “Io il muratore non lo voglio fare, è faticoso, meglio averci il diploma…”, ma quello è un tipo di mentalità che hanno certe persone, gli altri lavorano. Se studiano, escono prima di me, però devono chiedere i soldi ai genitori, io no.
L’abbandono più tardo che caratterizza le regioni del Mezzogiorno comporta che la contrapposizione tra studio e lavoro si sposta in avanti in termini di età, ma sostanzialmente persiste.
Racconta Antonio di Matera la maggior parte dei miei amici non lavora, loro vedono l’università e lo studio come un mezzo per ritardare l’entrata nel mondo del lavoro. I miei amici sono quasi tutti studenti universitari fuori sede: chi a Napoli, chi a Bologna, chi a Milano. Per loro il lavoro non è un valore, anzi la maggior parte mi critica si meraviglia perché lavoro.
Egualmente, nell’ambito dei figli di imprenditori, l’omogeneità è rappresentata dall’esperienza imprenditoriale dei genitori con i relativi valori tra cui vi è sicuramente quello del lavoro, spesso abbinato a quello del guadagno, così che la scelta viene rivalutata in un’ottica di carriera e di crescita, in una logica di creazione di impresa. Lo spiega bene Daniele di Verona.
Nella tua cerchia di amici, c’è chi lavora anche in altri ambienti, o lavorano in edilizia? Il 99 per cento è diplomato, l’un per cento sono io!! E loro cosa fanno? La maggior parte lavora con il padre, che ha un’impresa o fa l’elettricista, come volevo fare io. È difficile legare con dei figli di operai, c’è sempre questo distacco anche nelle amicizie, c’è questo distacco dalla classe operaia all’imprenditoria, ti trovi meglio con l’imprenditore che con gli operai, dopo ce ne sono due o tre con cui ho legato un po’…Io stesso non voglio rimanere operai, non ci riesco…Ma per esempio, figli di imprenditori come te, che hanno smesso, hanno fatto scelte diverse dalla tua, ce ne sono? Magari si sono diplomati prima, hanno continuato a studiare. Io ho scelto di abbandonare la scuola perché a 14 anni…Vallo a capire!! Ma quindi in questi anni in cui hai lavorato con tuo padre sei rimasto un po’ isolato dagli altri ragazzi? No, anzi, con quelli più grandi uscivo, perché quelli della mia età andavano a scuola e non potevano uscire, io invece lavorando uscivo con quelli di 4-5 anni di più. Rimanevo a casa solo il lunedì, tutte le altre sere ero fuori. Facevo dei corsi serali di saldatura, non ho mai smesso di studiare del tutto, non c’era solo la stalla, è per questo che non sono andato a scuola, mi si sono aperte delle altre porte, mai rimasto a casa. Sono stato il primo della mia età che rientrava a mezzanotte.
Non vi è dubbio che l’aver avuto accesso al mondo del lavoro precocemente fa si che molti dei ragazzi intervistati acquistino agli occhi degli amici connotati di maggiore maturità che con il tempo diventano anche elementi reali. I nuovi operai assumono ruoli di leadership. L’esperienza in cantiere, la frequentazione di adulti nei luoghi di lavoro, l’aumento delle responsabilità determinano una crescita della maturità che si riflette nel rapporto con gli amici e nell’ambiente sociale di riferimento.
Il cerchio si chiude per molti con il ritorno allo studio nelle scuole edili o professionali, dove recuperano in un nuovo contesto e con una nuova maturità conquistata sul campo quella perdita di status che comunque l’abbandono scolastico seppure in minima parte comporta.
E la frase di Matteo di Perugia Mi piace vedere che dal nulla può nascere un edificio, o da un edificio antico, rovinato può nascere una cosa bella diventa per molti il grimaldello per rivendicare con coraggio una scelta che considerano e vogliono ribadire essere di prestigio. In questo modo rivendicano un ruolo e affermano una identità ben precisa.