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L’indagine

Dalla specializzazione gli stimoli per una maggiore diffusione formativa

Chi sono i giovani che lavorano in edilizia e perché la scelgono? Come vedono il lavoro edile e che cosa si aspettano? Quali prospettive di carriera hanno? E, infine, quale valore danno alla formazione? A queste domande e ad altre risponde l’indagine promossa dal Formedil sulle motivazioni all’ingresso nel settore edile e sul profilo dell’apprendista in edilizia.

Volendo sintetizzare, dalle risposte di trecentoquindici questionari emerge innanzitutto una varietà di posizioni, un’articolazione sociale che esprime aspettative e prospettive quanto mai varie. E su tutto sembra prevalere una diffusa incertezza

Il Questionario

Sulle motivazioni all’ingresso nel settore edile e sul profilo del-l’apprendista edile sono stati raccolti e rielaborati 315 questionari provenienti dal primo anno dei corsi per apprendisti, tenuti da diverse Scuole edili italiane in attuazione del progetto di “Formazione per l’apprendistato. Progetto sperimentale per l’industria delle costruzioni”. Nel nord Italia sono stati raccolti e rielaborati i dati delle Scuole edili di Alessandria, Bologna, Brescia, Imperia, Pavia, La Spezia, Savona, Varese e Verona; nel centro Italia i dati provenienti dalle Scuole edili di Ascoli Piceno, Arezzo, Firenze, Roma e Viterbo; nel sud Italia quelli della Scuola edile di Matera. Ad essi si sono aggiunti 139 questionari provenienti da corsi per apprendisti tenuti da Btp francesi, raccolti all’interno del progetto “Leonardo da Vinci - Equipe 1”.

Il profilo più strutturato sembra quello di un giovane con una cultura di scuola media inferiore che accede all’edilizia un po’ perché non sembra avere molte altre chance, un po’ perché l’ambiente da cui proviene è in qualche modo collegato all’industria delle costruzioni.
Le sue competenze iniziali sono di basso Profilo oltre il 35 per cento svolge mansioni di manovale e il suo ambito professionale di riferimento è soprattutto la figura del muratore e, in misura minore, quella del carpentiere o dell’operatore di macchine movimento terra, volendo aumentare il tasso di specializzazione.
E’ un giovane di buon senso che dà la giusta rilevanza agli elementi socializzanti del lavoro edile, ma che ne critica l’eccessiva durezza e il basso livello di considerazione nella scala sociale dei mestieri.
Sul piano delle alternative occupazionali e dei fattori che potrebbero spingerlo a cercare soluzioni al di fuori dell’industria edile, predomina l’insicurezza, la scarsa appetibilità di altre attività di pari qualifica in settori quali il metalmeccanico o il terziario. In questo contesto il fattore determinante diviene il salario, il maggior guadagno.
Su tutto ciò la formazione viene vista come un elemento importante di crescita professionale, un passaggio interessante sulla strada del miglioramento e della possibile carriera. Ma la varietà delle domande e la ricchezza delle risposte meritano ulteriori approfondimenti.


I giovani e l’edilizia

Il campione evidenzia innanzitutto un’età media tra il 19 e i 20 anni. La maggioranza di loro (oltre il 60 per cento) lavora in edilizia da meno di un anno e un terzo è al primo lavoro in assoluto, mentre un altro terzo ha svolto in precedenza solo lavori saltuari o stagionali. L’edilizia rappresenta quindi per i due terzi di loro il primo incontro con un’attività lavorativa stabile.
All’edilizia sono giunti prevalentemente su indicazione dell’ambiente famigliare (45 per cento) o da parte di amici e conoscenti (oltre il 34 per cento).
Perché l’edilizia? Qui le risposte si diversificano e rischiano di disperdersi in tanti rivoli (vedi tabella n.).

Perchè hai scelto di lavorare nell’edilizia?
 
%
Non risponde
1,2
Ho parenti occupati in edilizia
18,7
Il lavoro è stabile
12,6
Ci sono prospettive di carriera
15,8
Il lavoro è vario
14,2
Si lavora all’aperto
17,1
Il lavoro è per lo più manuale
3,9
Non ho trovato altro lavoro
11,6
Sono stato obbligato
0,5
Altro
4,3

Circa un quinto dei giovani ritiene prioritario il fatto che un familiare lavori nell’edilizia, privilegiando quindi il contesto ambientale di riferimento più che aspetti specifici connessi all’attività edile. Da quest’ultimo punto di vista la stragrande maggioranza affida la propria scelta ad elementi positivi connessi al tipo di lavoro è vario e si svolge all’aperto (31 per cento) o alla stabilità e alle prospettive di carriera (28 per cento). Soltanto meno del 15 per cento motiva la propria scelta in modo più o meno obbligato, per la prevalenza della manualità o per l’assenza di alternative.
Credo che siamo di fronte ad un dato di particolare interesse e che si offre all’anali-si degli operatori del settore come una valutazione ottimistica. Vediamo ora qual è il giudizio che i giovani, seppure indirettamente, danno di questo settore.
Alla domanda “Come ti sembra sia considerato il lavoro del muratore nella società?” La maggioranza delle risposte si orienta verso due aspetti che presentano elementi negativi: la durezza del lavoro (44 per cento) e il suo carattere umile (14 per cento). Solo poco più del 13 per cento ritiene di fatto il lavoro del muratore ben remunerato e il 6 per cento lo considera un mestiere dove è facile fare carriera. Ma c’è anche un 19 per cento che pensa che fare il muratore sia prestigioso. E la conferma della positività del giudizio arriva dalla domanda successiva: “Lo faresti fare anche a tuo figlio?” I sì sono appunto poco più del 19 per cento delle risposte, contro il 44 per cento di no e ben il 34 per cento che non sa cosa rispondere.
Un dato, quello delle non risposte, che segnala un’incertezza, probabilmente una visione ancora non chiara di come il tipo di lavoro possa collocarsi rispetto alle prospettive future. Incertezza che viene confermata dal 60 per cento di non risposte alla domanda “Cosa ti piacerebbe fare?”, diretta a capire le possibili alternative al lavoro edile, che sono poche e frammentarie, con una bocciatura generalizzata delle figure tradizionalmente concorrenti per questa fascia di ingresso al lavoro come il meccanico, l’elettricista o il camionista.


Il lavoro edile

Come abbiamo già detto, oltre il 35 per cento dei giovani intervistati è manovale e-dile; un 20 per cento muratore e poco più dell’11 carpentiere, una percentuale, questa, non molto inferiore a quella dei gruisti e conduttori di macchine movimento terra (12,7 per cento).
Fa seguito poi un’ampia gamma di mansioni più specializzate, come emerge dalla tabella .

Cosa fai prevalentemente in cantiere?
 
%
Non risponde
1,0
Caposquadra
0,8
Il muratore
20,0
Carpentiere
11,5
Ferraiolo
4,5
Stuccatore, decoratore, pittore edile
5,3
Conduttore macchine mov. terra
5,7
Conduttore macchine stradali
1,2

I nostri giovani operano soprattutto in imprese con meno di dieci operai (70,4 per cento), una realtà che rispecchia la struttura dell’offerta nel nostro paese (vedi tabella )

In quanti siete nell’impresa in cui lavori?
 
%
Non risponde
18,7
da 0 a 5 persone
25,4
da 6 a 10 persone
26,3
Da 11 a 15 persone
7,9
Da 16 a 20 persone
7,0
Da 21 a 30persone
6,0
Da 31 a 50 persone
7,3
Più di 50 persone
1,3


Dal questionario emerge un diffuso riserbo sull’attività di cantiere, mentre generalizzato appare il giudizio positivo sui rapporti con i compagni di lavoro, che sfiora l’80 per cento, e solo un 6 per cento lo definisce negativo
Interessante è la valutazione sul come si deve lavorare:

Velocemente con risultato discreto 7.6%
Velocemente e facendo attenzione a svolgere bene il proprio lavoro 38.4%
Non è importante andare velocemente, l’importante è fare bene il lavoro 50.8%

Come si è detto, la maggioranza dei giovani giudica la velocità un elemento subalterno al fare bene.
E questo modo di ragionare di buon senso lo si ritrova di fronte alle domande in materia di rispetto della sicurezza.
L’attenzione al problema è diffusa e attraverso i giovani veniamo a conoscere la rilevanza che ad esso viene dato in cantiere: il 90 per cento afferma di aver ricevuto precisi insegnamenti sul come evitare di farsi male.
Anche il coraggio, virtù forse un po’ stereotipata, tradizionalmente legata al fatto di essere giovani, appare ridimensionato: meno del 40 per cento ritiene che l’operaio edile debba essere coraggioso, il 48 per cento lo nega e un 13 per cento non sa o non risponde.
La conclusione è che un operaio edile può spingersi, svolgendo il suo lavoro, in situazioni di rischio
:

Se si sente sicuro 32%
In nessun caso 31%
Qualche volta, se proprio è necessario 34%

Le aspettative di carriera: l’importanza della specializzazione

La maggior parte dei giovani si dichiara ottimista rispetto al proprio futuro professionale, vedendosi in prospettiva, fra dieci anni, in una situazione migliore dell’attuale (50,4 per cento): un dato che assume maggiore forza a fronte di un 36 per cento di incerti (non sa o non risponde).
Eppure davanti alle prospettive di carriera che può offrire l’edilizia, la maggior parte sembra cauta: una percentuale tra il 25 e il 30 per cento non ritiene di rispondere alle relative domande. Interessante è la valutazione su che cosa significhi fare carriera. Un quarto di coloro che hanno risposto alle cinque definizioni proposte sceglie la propensione a trasformarsi in imprenditore (avere un’impresa propria); un secondo quarto sceglie il parametro del guadagno (fare soldi); oltre il 25 per cento punta invece sulla specializzazione, che è anche il percorso individuato dal 34 per cento dei giovani per fare carriera. Del resto la specializzazione è considerata importante per oltre l’87 per cento dei giovani. Tra le lavorazioni, al primo posto (22 per cento) c’è la muratura, al secondo la conduzione di macchine (11 per cento), al terzo la carpenteria (10 per cento).
Le qualità per fare carriera sono soprattutto la voglia di lavorare (oltre il 20 per cento), la passione e l’interesse (19 per cento), un comportamento responsabile (poco meno del 15 per cento).

Da cosa si capisce se una persona è portata a fare carriera?
 
%
Non risponde
31,3
Voglia di lavorare
20,6
Passione, interesse, amore
19,4
Precisione
3,4
Ambizione
1,6
Velocità
1,6
Si comporta responsabilmente
14,7
Altro
7,5

L’alta domanda di formazione

Se la formazione è allo stesso tempo un’alternativa ma anche un’evoluzione della scuola, il rapporto con il curriculum scolastico evidenzia che l’esperienza formativa è complessivamente positiva per la maggioranza dei giovani che individua nella poca voglia di studiare il principale motivo di abbandono. Decisivo appare poi il desiderio di trovare un lavoro.
Ma il desiderio di imparare resta una caratteristica importante che sembra trovare nel lavoro in cantiere un buon livello di risposta: circa l’80 per cento. Inoltre, ben il 66 per cento ritiene che quanto si impara sia sufficiente e un 70 per cento risulta interessato e disponibile ad integrare la propria preparazione all’esterno del cantiere. Che cosa vorrebbero imparare? Al primo posto la conduzione delle macchine da cantiere, comprese le gru (circa il 16 per cento), al secondo le murature (12 per cento), al terzo la carpenteria (10 per cento).
Di fronte a questa elevata domanda di formazione, il questionario cerca di sondare il livello di conoscenza dei giovani rispetto al sistema di formazione professionale rappresentato in primo luogo dalle scuole edili.
La conoscenza del sistema appare diffusa (72,4 per cento), anche se non generalizzata. Il referente resta il sistema delle imprese: direttamente l’azienda (16,5 per cento) e ancor più la scuola edile (25,7 per cento).
La conoscenza dell’esistenza di corsi di formazione passa attraverso il cantiere per il 66 per cento degli intervistati.

Cosa vorresti imparare?
 
%
Non risponde
22,8
Lettura del disegno
9,2
Muratura in mattoni faccia a vista
8,4
Muratura in pietrame
4,0
Carpenteria per muratura e travi
6,9
Carpenteria per scale
3,2
Conduzione della gru
5,5
Conduzione macchine mov. terra
10,2
Altro
29,8

Il confronto tra Italia e Francia

Sul nostro sistema di formazione, sulla sua diffusione e sulle sue potenzialità si possono ricavare utili indicazioni anche dal confronto con un equivalente e similare indagine svolta in Francia a cura del Ccca-Btp (organismo nazionale paritario di formazione degli apprendisti nel settore delle costruzioni).
Qui, ovviamente, il contesto in cui i giovani vivono e lavorano appare immediatamente differente. Innanzitutto colpisce come si arrivi all’apprendistato come primo lavoro in assoluto nella maggior parte dei casi: 60 per cento contro il 32 per cento degli italiani.
Un dato che, se confrontato con quello sulle cause di abbandono, conferma una maggiore facilità di accesso al lavoro, che comporta comunque una più forte cultura del lavoro manuale e una più netta separazione tra questo e altri tipi di lavoro, che si riflette in termini di consapevolezza da parte degli intervistati francesi.
Dalla tabella emerge con forza il differente valore dato al fattore della manualità tra i due paesi, a tutto vantaggio della Francia; così come la maggiore propensione a valutare positivamente l’edilizia come occupazione stabile con possibilità di carriera da parte dei giovani italiani. Differenze significative che si ritrovano nelle valutazioni su come la società valuta il lavoro del muratore, dove dati anche similari finiscono per assumere significati differenti. La durezza del lavoro diventa per i francesi una virtù, al contrario di quanto succede per gli italiani. L’esaltazione della manualità come valore finisce per trasformare aspetti per noi secondari in virtù, all’interno di un vero e proprio orgoglio di mestiere.

Perchè hai scelto di lavorare in edilizia?
Italia %
Francia %
Parenti in edilizia
18,7
18,4
Il lavoro è stabile
12,6
9,2
Prospettive di carriera
15,8
11,4
Il lavoro è vario
14,2
13,0
Si lavora all’aperto
17,1
18,7
Il lavoro è manuale
3,9
18,1
Non ho trovato altro
11,6
6,7
Sono stato obbligato
0,5
1,3
Altro
4,3
2,5
Nessuna risposta
1,2
0,6


Illuminante, a questo proposito, il confronto delle risposte alla domanda “Quali sono le virtù più importanti che un operaio edile deve avere?”. Per i francesi ai primi cinque posti ci sono l’occhio, la forza, la precisione, l’intelligenza (solo al quarto posto) e il coraggio. Per gli italiani innanzitutto vi è l’intelligenza che supera l’occhio e la precisione, a cui seguono attenzione (solo al nono posto per i francesi) e l’ordine (ottavo posto per i nostri cugini d’oltralpe).
Per gli italiani la forza è all’ottavo posto e il coraggio addirittura al decimo posto sul totale delle undici virtù.
Questa centralità della manualità si accompagna ad un sistema formativo più efficiente e capillare che conduce i giovani francesi nel loro percorso dalla scuola normale al lavoro. Interessante, a questo proposito, è il dato relativo al come si è venuti a conoscenza dell’opportunità di lavoro: se in entrambi i paesi la famiglia svolge il principale ruolo di orientamento, compagni di lavoro e amici hanno un ruolo ben diverso nei due paesi con il 43 per cento dei casi in Italia contro solo il 25 per cento in Francia, dove si affaccia un altro interlocutore forte (14 per cento) collocato nella voce “altro” e che con molta probabilità potrebbe essere identificato con la scuola.
Questa pervasività della scuola e del sistema formativo ha l’effetto di ridurre la domanda di specializzazione, e di conseguenza di formazione, in Francia rispetto al nostro paese. Così il cantiere viene visto come luogo meno interessante per imparare e aumenta la richiesta di apprendimento sul luogo di lavoro; così come è decisamente più bassa la percentuale degli interessati ad imparare all’esterno del cantiere (50 per cento i francesi, 70 per cento gli italiani).
La maggiore capillarità del sistema formativo emerge con forza dalle percentuali coloro che hanno già frequentato almeno un corso (84 per cento in Francia e 49 per cento in Italia) e dalla diffusione dell’abitudine a parlare di corsi con i compagni lavoro (76,3 per cento i francesi, 56 per cento gli italiani).


Quali sono le doti più importanti che un operaio edile deve avere?
Italia %
Francia %
Agilità
3
6
Attenzione
8
3
Coraggio
2
7
Equilibrio
1
2
Forza
4
10
Furbizia
6
5
Intelligenza
11
8
"Occhio"
10
11
Ordine
7
4
Passione
5
1
Precisione
9
9
Nessuna risposta
11,7
0,5

Il confronto tra le realtà dei due paesi sembra da un lato offrire alcune conferme sul ritardo e sulle potenzialità del nostro sistema di formazione professionale nel settore delle costruzioni, dall’altro arricchisce il quadro fino ad oggi a disposizione evidenziando differenze culturali e aprendo interrogativi importanti sul rapporto tra formazione e aspettative giovanili.