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Autorappresentazioni

Ventiquattro storie, alcune scarne, in parte reticenti, in parte ispirate ad imbarazzo. Riemerge la solita sensazione del perché qualcuno dovrebbe essere interessato a me, alla mia vita. Sono soprattutto i ragazzi più giovani, gli adolescenti, a ritrarsi. La loro esperienza rispetto alle questioni poste è del resto più scarsa, le titubanze sono maggiori; anche l’insicurezza pesa. La voglia di raccontarsi cresce con l’aumentare dell’età, con l’arricchirsi del vissuto in prima persona. Dall’emancipazione familiare, ma anche dall’elaborazione sul proprio essere e sul modo in cui si sta costruendo un proprio percorso di vita si sviluppa il desiderio di confrontarsi, di comunicare. L’intervista in alcuni casi diventa un lungo monologo, o una somma di monologhi, interrotti da brevi interventi, talvolta orientativi, talvolta volti ad approfondire aspetti particolarmente rilevanti dei racconti.
I ragazzi più grandi hanno sviluppato una propria visione di se che diventa il tessuto di base dell’intervista. Il carattere autobiografico richiesto dall’intervistatore li spinge a far emergere attraverso e durante il racconto l’immagine di sé che si vuole trasmettere.
Del resto le interviste aperte di tipo biografico finiscono sempre per contenere una forte valenza autorappresentativa.
Nelle interviste dei più giovani emerge con forza il desiderio di costruirsi una professionalità, di rafforzare la propria scelta lavorativa, così come traspare sempre un latente senso di colpa per aver abbandonato la scuola, che spesso si accompagna a lasciare aperta la porta per un ritorno allo studio di tipo diverso, integrato con il proprio lavoro. La scuola edile del resto, soprattutto in alcuni casi, produce effetti positivi di recupero dello studio come valore, come fattore importante per stare meglio, per essere più competitivo, ma anche per garantirsi autonomia e rispetto all’interno dell’impresa.
Per i più grandi questo processo è per lo più già avvenuto, fa parte della propria cultura, del proprio vissuto e diventa un must proiettato sul futuro.
Molte storie sono brevi spaccati di una scelta: qualche informazione sulla famiglia di provenienza; l’abbandono della scuola una volta completato l’obbligo; la necessità di lavorare; il possibile consenso o conflitto con i genitori, a seconda dell’ambiente e della situazione economica che si sta vivendo; l’approccio con il mondo del lavoro che - come vedremo - sarà diverso per chi entra nell’impresa del o con il padre e per chi sperimenta soluzioni diverse; il confronto con il mondo dell’impresa, anche qui mediato o meno dall’esperienza con la scuola edile.
Soprattutto i più giovani espongono un percorso abbastanza lineare, dove gli elementi conflittuali o di difficoltà vengono sottesi, celati, evitati. Talvolta emergono ritrosie, incertezze, manifestazioni di scontento là dove esisteva una convinta vocazione verso mestieri diversi, ad esempio il voler fare il falegname o il meccanico e non è stato possibile. In altre occasioni il conflitto è interno all’esperienza edile, qualora il padre sia un piccolo imprenditore o la condizione familiare difficile finisca per orientare a forza certe scelte.
Nei ragazzi più grandi invece è proprio il conflitto generazionale o comunque il confronto con la condizione e la visione del mondo delle famiglie di origine a costituire il fulcro interpretativo del loro percorso. Più evidente là dove il contesto di riferimento è quello di una famiglia non operaia, o dove il padre non fa l’imprenditore, edile o meno. Emerge cioè una particolare tendenza alla continuità all’interno dell’esperienza edilizia e una altrettanto evidente conflittualità in chi invece sceglie l’edilizia in alternativa al mondo da cui proviene. Non sempre comunque è così e comunque la tendenza è ad una ricomposizione delle differenze intorno ad una visione soggettiva del proprio futuro da parte dei ragazzi, basata su una forte motivazione, spesso anche frutto dell’esperienza formativa presso le scuole edili.
Come vedremo nei racconti più strutturati ed articolati la realtà di provenienza acquisterà valore di riferimento, luogo concettuale da cui partire per comprendere le ragioni delle proprie scelte, mentre il mondo dell’edilizia diviene il terreno in cui ci si confronta concretamente per definire non soltanto il proprio presente, ma nella stragrande maggioranza dei casi per progettare il proprio futuro.
È questo un aspetto rilevante che emerge dalle interviste e che orienta la costruzione stessa dei racconti autobiografici.

 

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