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Famiglie, luoghi e identità

Le loro vicende personali, il perché sono oggi in edilizia, chi li ha condizionati, quali scelte e con quali motivazioni si è giunti a questo approdo sono articolate, dipendono da fattori differenti.
Quel che è certo è che dove sono nati conta moltissimo. E in questo dove c’è il luogo e c’è l’ambito familiare.
Così essere nati in una Valle della Bergamasca vuol dire spesso essere all’interno di un vero e proprio distretto edile. Ma ciò sembra valere per molti aspetti anche per Gubbio o Cecina. Ciò comporta che nella stragrande maggioranza dei casi la famiglia di appartenenza è diffusamente coinvolta nell’industria delle costruzioni. E se a Bergamo fare il muratore è un’antica ed orgogliosa professione radicata in tempi che risalgono per tutto il xx secolo, nelle province del centro Italia essa è un’esperienza più recente. Talvolta, come nel livornese, è il prodotto di un incontro tra popolazioni locali e famiglie qui immigrate con ondate successive dal secondo dopoguerra.
In tutti i casi essere muratori è comunque una professione da generazioni.
Ed è in questo intreccio tra un contesto fortemente caratterizzato in senso produttivo e consolidamento economico e sociale intorno all’industria edilizia che si riproduce un nucleo forte di continuità e di riproduzione del mestiere e delle motivazioni verso il settore.
Intorno all’ambiente familiare di provenienza, così come in riferimento al contesto territoriale, si consolidano le tradizioni professionali, mescolandosi e sovrapponendosi alle vicende individuali, ai desideri di autonomia o, alternativamente, di continuità.
E se la tradizione familiare è un fattore rilevante, in quanto crea predisposizione là dove si riscontrano ad esempio difficoltà a proseguire gli studi o contemporaneamente o alternativamente necessità o propensione al lavoro precoce, la motivazione alla scelta dell’edilizia come professione appare ben più articolata. A confermare questa chiave di lettura ci viene in aiuto il questionario curato dal Formedil sulle motivazioni all’ingresso nel settore edile e sul profilo dell’apprendista. Si tratta di 315 questionari riempiti da altrettanti partecipanti a corsi di apprendistato preso alcune scuole edili, nove operanti nelle regioni del Nord, cinque del Centro e soltanto una del Sud.
Per quanto riguarda le ragioni della scelta di entrare in edilizia, accanto alla conferma dell’importanza, anche soggettiva, di avere il padre o comunque qualche parente che lavora in edilizia - poco meno del 19% indica questo come motivazione - una percentuale maggiore dei giovani sceglie l’industria delle costruzioni sulla base di motivazioni legate a specificità proprie dell’edilizia come il lavorare all’aperto e al fatto di essere un lavoro vario (21%). Interessanti altre due risposte: per quasi il 16 per cento vi sono prospettive di carriera e poco meno del 13 per cento lo privilegia per le sue garanzie di stabilità.

Perchè hai scelto di lavorare in edilizia?

NORD
CENTRO
SUD
a
35,5
30,0
25,0
b
23,2
22,0
16,0
c
29,6
26,0
25,0
d
29,1
21,0
0,0
e
32,0

31,0

0,0
f
6,4
9,0
0,0
g
16,3
29,0
25,0
h
1,0
1,0
0,0
i
7,4
8,0
8,3
l
3,0
1,0
0,0

a
parenti in edilizia
b
il lavoro è stabile
c
prospettive di carriera
d
il lavoro è vario
e
si lavora all'aperto
f
il lavoro è manuale
g
non trovato altro
h
sono stato obbligato
i
altro specificare
l
nessuna risposta

Da un lato, quindi, l’edilizia sembra attrarre i giovani in alternativa ad altri sbocchi professionali di tipo operaio in quanto offre condizioni di lavoro meno ripetitive e in un ambiente meno angusto ed oppressivo; dall’altro sembra comunque costituire un’attrattiva all’interno di un contesto occupazionale all’insegna della precarietà e dell’incertezza di futuro. Una considerazione che deve far riflettere.
Un altro elemento che si collega a quello della continuità di attività con i padri è quello della territorialità. Si privilegia, infatti, un lavoro vicino a casa. Ne abbiamo conferma dal questionario. L’84 per cento degli intervistati lavora vicino (50%) o abbastanza vicino a dove abita.
Come vedremo, oggi comunque, anche di fronte a realtà di consolidata e affine consistenza dell’attività edilizia in forme di tipo distrettuale, nascere al nord non è la stessa cosa che vivere in una regione del centro o del Sud. Elementi comuni sono la prevalenza nelle scelte di lavoro della continuità con l’ambiente professionale della famiglia e la constatazione che le rotture con esso risultano determinate da eventi in qualche modo traumatici o da forti motivazioni personali.
La scelta dell’edilizia, infatti, nasce per quasi l’ottanta per cento dei giovani intervistati nell’ambiente famigliare ed amicale. Una percentuale pressoché identica a quella emersa dalle interviste, dove sedici su ventiquattro sono figli di muratori od operai, artigiani o piccoli imprenditori edili e soltanto otto hanno genitori impiegati o con una professionalità distinta dall’edilizia. Ben cinque di loro hanno, comunque, uno zio o un parente o sono inseriti in un ambiente dove vi sono strette frequentazioni con l’industria edile.
Il secondo elemento che caratterizza le storie individuali di questi giovani è l’abbandono scolastico. Il 72% dei giovani apprendisti che hanno risposto al questionario del Formedil hanno la terza media o in pochi casi (3 per cento) la licenza elementare

Che titolo di studi hai?

Totale Nord
Totale Centro
Totale Sud
Totale Italia
*
203
100
12
315
-
2
1,0
0
0,0
0
0,0
2
0,6
a
8
3,9
2
2,0
1
8,3
11
3,5
b
154
75,9
64
64,0
8
66,7
226
71,7
c
19
9,4
20
20,0
3
25,0
42
13,3
d
20
9,9
14
14,0
0
0,0
34
10,8
203
100
12
315

*
numero questionari
-
non risponde
a
Licenza di Scuola Elementare
b
Licenza di Scuola Media
c
Diploma di Scula Superiore
d
iAttestato Centro di Formazione Professionale

Tra gli intervistati diciotto su ventiquattro, pari al 75 per cento, hanno la terza media. Quattro di loro hanno comunque proseguito gli studi abbandonandoli prima di acquisire il diploma. In un caso soltanto il livello superiore è stato raggiunto successivamente attraverso i corsi serali. I restanti sei ragazzi hanno invece un diploma. Tutti e sette i diplomati appartengono ad aree del Centro-Sud. Tre sono meridionali, tutti figli di imprenditori edili; quattro sono del Centro e i loro genitori sono impiegati o commercianti o comunque non operano nel settore edile. Anche le famiglie di coloro che hanno continuato gli studi senza terminarli risultano appartenere alla classe media impiegatizia o dei servizi, con la sola eccezione del figlio di un imprenditore edile bergamasco di terza generazione. Questo quadro conferma la diversità tra le regioni settentrionali e il resto del Paese, evidenziando le diverse dinamiche del mercato del lavoro, ma anche il modo diverso con cui si accede all’edilizia. Al Nord la scelta è immediatamente a ridosso del completamento della scuola dell’obbligo ed è parte di una continuità familiare e ambientale, sia che riguardi famiglie operaie che artigiane o di figli di piccoli imprenditori. Al Sud il meccanismo di continuità appare similare, ma è limitato a realtà familiari imprenditoriali, con la sostanziale differenza che il momento di entrare in impresa è rimandato al completamento della scuola superiore, con l’acquisizione di un diploma, spesso di tipo tecnico. La scelta non è come per i giovani delle regioni del Nord tra lavoro e scuola, bensì tra università e impresa. Come vedremo il fattore decisivo diventa la condizione economica della famiglia, le sue esigenze congiunturali, abbinate alla volontà individuale del ragazzo rispetto al proseguimento dello studio. Il mix di questi due fattori determina sostanzialmente la scelta. E non sempre le aspettative soggettive del ragazzo risultano determinanti.
Per quanto poi riguarda le regioni centrali, qui la situazione appare più complessa ed articolata. La varietà delle situazioni locali comporta scenari talvolta più simili al Nord, altre volte vicine alla visione stereotipata, ma spesso realistica, di un’edilizia ricettacolo di scelte estreme, marginali. In questi contesti le vicende individuali sembrano avere un peso molto più rilevante. Sono i percorsi personali, spesso ricchi di incertezze, di sconfitte e di nuove volontà o motivazioni a condurre ad una scelta per il lavoro edile, non sempre visto come ultima spiaggia, talvolta sorprendentemente come opportunità. Più di un ragazzo trova in questa scelta motivo di soddisfazione: il luogo, in senso antropologico, dove lanciare una sfida a sé e al mondo.
Il diverso contesto di riferimento, la facilità a trovare occupazione in edilizia, l’esistenza di una rete di relazioni più o meno consolidata nell’ambito del tessuto produttivo collegato all’industria delle costruzioni determinano il rapporto che si crea con il lavoro e soprattutto il momento in cui per la prima volta si entra a lavorare in un’impresa.
Ebbene i risultati del questionario ci dicono che complessivamente il campione si divide in tre segmenti più o meno equivalenti numericamente. La maggioranza relativa dei ragazzi (oltre il 35 per cento) ha svolto lavori stagionali o saltuari prima di entrare regolarmente a lavorare in un’impresa edile; per un 32% l’impresa edile è stato il primo approccio con il mondo del lavoro; un po’ meno di un terzo (30%) ha invece svolto prima di entrare in edilizia lavori stabili in altri settori produttivi o nei servizi.
Tra gli intervistati, invece, oltre il 70 per cento ha iniziato a lavorare nell’edilizia e vi è rimasto. Anche in questo caso il dato muta se spostiamo il nostro punto di osservazione dal Nord al Centro-Sud e se consideriamo il diverso livello di scolarizzazione.

Prima di entrare in edilizia quali altri lavori hai fatto?

Totale Nord
Totale Centro
Totale Sud
Totale Italia
*
203
100
12
315
-
2
0,0
2
2,0
2
16,7
4
1,3
a
66
32,5
35
35,0
1
8,3
102
32,4
b
33
16,3
15
15,0
2
16,7
50
15,9
c
44
21,7
13
13,0
5
41,7
62
19,7
d
60
29,6
35
35,0
2
16,7
97
30,8
203
100
12
315

*
numero questionari
-
non risponde
a
nessuno
b
lavori stagionali
c
lavori saltuari
d
altro (specificare)

Per tutti e dieci i ragazzi nati nelle province di Bergamo e di Verona l’edilizia rappresenta la prima realtà lavorativa. Eguale esperienza, seppure ad un’età più adulta, dopo il completamento della scuola superiore, per tre giovani di Matera, tutti figli di imprenditori edili e per due del centro anch’essi diplomati. Soltanto un ragazzo della provincia di Perugia, figlio di un muratore, entra nel mondo del lavoro dall’edilizia. Il percorso degli altri, di quelli che all’esperienza del manovale arrivano per altre strade, non è lineare né omogeneo. A monte vi sono due situazioni alquanto diverse. Da un lato quella dell’abbandono scolastico durante la scuola tecnica o il liceo, il che comporta conflitto familiare, traumi personali, ricerca di alternative, con il risultato di sperimentare lavori differenti, anche i più diversi, saltuari, stagionali, a tempo determinato. Dall’altro vi è una realtà di immigrazione, di difficoltà a trovare lavoro. In questo secondo caso il percorso appare abbastanza strutturato intorno a lavoretti di apprendistato: si comincia con affiancarsi ad un idraulico e si impara qualcosa, poi spesso o la famiglia si trasferisce o comunque prevale un’elevata mobilità di lavoro presso diversi artigiani per approdare infine, nel giro di un paio di anni, ad un’impresa.
Si tratta di elementi dove la soggettività ha una rilevanza particolare che va posta in relazione con quelle che sono matrici e impostazioni comuni, che vanno al di là anche delle differenze geografiche e territoriali e che ci consentono di andare ad individuare comunque alcuni profili. Uno in particolare appare dominante rispetto a tutti gli altri, tanto da poter considerarlo una specie di topos dal quale partire.