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Dall’edilizia all’edilizia

Dall’edilizia all’edilizia e con un percorso abbastanza lineare: così potremmo in estrema sintesi definire il percorso nel quale la maggior parte dei ragazzi intervistati si riconosce. Innanzitutto le famiglie di provenienza sono tutte immerse in una tradizione operaia che tende già nella generazione precedente a diventare attività autonoma. Alcuni ci sono anche già riusciti.
L’impresa dove lavoro è quella di mio padre, imprenditore edile, ho 3 fratelli, uno frequenta l’università e l’altro è più piccolo, va a scuola, mia madre è casalinga. L’impresa costruisce case, siamo in 10 persone, mio papà ha iniziato facendo lavori con i suoi fratelli, poi nell’80 hanno messo su un’impresa loro. (Fabio di Bergamo).
La maggior parte ripropone uno schema familiare omogeneo. Famiglie simili per struttura e per ambiente sociale di riferimento. In molti casi padri e figli lavorano fianco a fianco o comunque nella stessa impresa. Si registra, al di là delle differenze territoriali, una impressionante omogeneità di situazioni.
Mio padre fa il muratore dipendente come me, per una piccola impresa, mia madre è casalinga, ho due fratelli più piccoli. Così racconta Giovanni di Bergamo. E in sequenza confermano condizioni similari Paolo e Gabriele di Perugia: Mio padre lavora in edilizia, è operaio nella mia stessa ditta, mia madre è casalinga e ho una sorella di 12 anni; Ho un fratello piccolo, mio padre lavora in edilizia con la mia stessa impresa. E anche là dove emerge qualche differenza tutto si ricompone saltando una generazione. Mio nonno - ricorda Damiano di Verona - faceva il muratore, mio padre fa il camionista, mia madre fa la cuoca e ho una sorella.
E le storie proseguono parallelamente negli anni della scuola e nei modi in cui si abbandona lo studio e si entra nel mondo del lavoro. La scuola viene rifiutata, non ci si riconosce; la voglia di studiare entra in collisione con un ambiente dove prevale l’attrattiva per il lavoro, per il poter gestire il proprio tempo diversamente. I libri restano qualcosa di profondamente estraneo. Il mondo esterno è una sirena troppo ammaliante.
Ho fatto solo la terza media, poi ho deciso di andare a lavorare perché la scuola non mi piaceva. Ho incominciato subito da Settembre, mio padre mi ha trovato il lavoro. Sono apprendista, manovale, sono contento perché mi piace. Nella sua sinteticità Gabriele di Perugia riesce a puntualizzare come sono andate le cose e allo stesso tempo a suggerire alcuni giudizi: a scuola fino alla terza media, come tutti gli altri, in alternativa subito un lavoro che nel suo caso è proprio l’edilizia. C’è unità di vedute tra padre e figlio, c’è una rete di relazioni che funziona e l’inserimento è semplice; c’è una soddisfazione esplicita che si contrappone all’insoddisfazione nei confronti dello studio, anche se in quel solo la terza media si può cogliere la consapevolezza che questa scelta non sarà indolore. Per la maggior parte degli altri ragazzi, comunque, anche se il percorso sarà simile a quello di Gabriele, l’accesso all’edilizia non sarà così immediato.
Quello che è successo a Giovanni di Bergamo non sembra affatto l’eccezione, bensì la regola.
Ho fatto le medie, ho studiato tre mesi per fare l’elettrauto ma non mi piaceva e allora sono andato a lavorare. Inizialmente volevo fare il meccanico, poi non c’era posto alla scuola, e ho provato l’elettrauto, ma non mi piaceva e allora sono andato a fare il muratore, nell’impresa dove lavora mio padre.
Lo confermano Fabio, ho fatto le medie, poi volevo fare elettrotecnica ma non ci sono riuscito, e allora ho iniziato a lavorare con mio padre, due anni fa, e Paolo: ho fatto la terza media, poi ho fatto l’idraulico per 5 mesi, però mi piaceva di più lavorare in edilizia, quindi ho cambiato, e sono due anni che lavoro in edilizia. Mio padre non era tanto contento, ma a me piaceva tanto, e visto che devo fare il lavoro che mi piace ho deciso di cominciare. Mio padre ha parlato con il titolare e mi ha fatto entrare come apprendista.
Che il primo viva in provincia di Bergamo e il secondo in quella di Perugia cambia ben poco. Così come per Gabriele e Damiano che dalle loro Valli prealpine del Veronese approdano con percorsi similari a sedici anni in un’impresa di costruzioni.
A Gabriele sarebbe piaciuto fare il falegname, ma non c’erano scuole vicine, e così, visto che mio padre era muratore-operaio ho cominciato a farlo anche io. Non mi piaceva studiare, volevo subito lavorare. Damiano, invece, forse avrebbe voluto continuare a studiare, ma dalle sue parole emerge l’attrattiva per un mondo, quello del lavoro, che alla fine finisce per prevalere: Sono stato bocciato in prima media, poi sono sempre andato bene. Volevo fare un lavoro che mi piacesse e quello del muratore mi piaceva perché non è un lavoro ripetitivo, ci si sposta, e poi è redditizio se si fa carriera. Tutto questo a conferma di quanto si diceva all’inizio sulle motivazioni.