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Da un altro tempo, da un altro luogo

Dall’agricoltura all’edilizia, un passaggio obbligato per migliaia di persone nel Veneto degli anni cinquanta e sessanta. L’edilizia è stata, infatti, il luogo di passaggio verso l’occupazione in fabbrica. Nella storia di Daniele si rivive questo passaggio in un contesto totalmente cambiato e dove l’edilizia non assume più il valore di una condizione temporanea, ma diventa l’opportunità per recuperare la vocazione imprenditoriale perduta.
Daniele è nato nel 1977 a Villafranca, ma vive a Covegliano, sempre in provincia di Verona.
Mio padre ha un’azienda agricola e io fino a diciotto anni ho lavorato in azienda, perché ho smesso di studiare presto, e avevo intenzione di continuare a lavorare in azienda.
Io ho scelto di abbandonare la scuola perché a 14 anni…Vallo a capire!! Non mi trovavo bene a scuola, no. Assolutamente. Sono stato bocciato in prima media, la seconda volta che ho fatto la prima sono uscito con otto sulla pagella, ma andando avanti mi rendevo conto che se sbagliavi un po’ il professore andava sempre da quello più bravo, lo aiutava, magari quello che è a metà, lo lasciava lì, e allora da metà non è che un ragazzo di 13 anni riesca a salire da solo, e allora cominci a cadere, cominci a cadere, se magari m’avesse dato una mano invece di dargliela all’altro…
Diciamo quindi che la scuola non ti ha aiutato a proseguire.
Si. E come me anche altri, ma non c’era un altissimo abbandono della scuola, un 10 per cento che proprio non iniziava, dopo un 20 per cento che al secondo anno smetteva, c’era un 50 per cento che arrivava in fondo, insomma. Io non ho proprio cominciato, perché con l’agricoltura cosa andavo a fare…, aveva poco senso studiare, ecco. Ero preso dal bestiame, a un certo punto devi amare quello che fai. A me piaceva e il guadagno era abbastanza di soddisfazione. Però finito il servizio militare si è capovolto tutto. Perché l’agricoltura la stanno distruggendo: le quote latte, le mucche pazze, hanno distrutto tutto. Un giovane non può più avere un futuro nell’agricoltura.
Nel 1997 ho cominciato la scuola edile. Ho trovato un articolo sull’Arena, il giornale locale. Non avendo un titolo di studio non sapevo cosa fare: vado a fare il manovale? Mi fan morire se vado a fare il manovale in edilizia. Così ho cominciato a fare la scuola, un anno completo 400 ore dalle otto di mattina fino alle cinque della sera. E poi la scuola mi ha trovato un posto dove andare e così sono andato in questa impresa. Dall’ottobre dell’anno successivo facevo ogni mese tre settimane di lavoro e uno a scuola, dove mi hanno insegnato tante cose dalla faccia vista ad armare. Ho integrato il lavoro con la scuola ed ero pagato dall’impresa, per un accordo con la cassa edile. A giugno ho fatto gli esami e ho cominciato a lavorare a tempo pieno per l’impresa. Dopo un anno volevo finire il corso di capomastro che si teneva alle Stigmate un altro istituto collegato all’Edilscuola, però non lo facevano più perché dicevano che era un mestiere che andava scomparendo sostituito dal geometra. E allora nell’anno stesso ho cominciato ad andare a scuola di geometra alle scuole serali. È una scuola privata che fa tre ore per tre giorni alla settimana - la scuola pubblica comincia alle sei e finisce alle undici di sera tutti i giorni e dopo nove ore di lavoro è da suicidarsi. Invece così faccio nove ore a settimana e qualche ora di recupero al sabato e si può fare. Ho fatto prima e seconda insieme, quest’anno faccio terza e quarta e poi farò la quinta all’istituto statale, facendo part time di lavoro al mattino e prendere il diploma. Trent’anni fa il corso di capo mastro era molto frequentato perché essere geometra era come oggi avere la laurea. Oggi invece le responsabilità le prende il geometra. Io sono adesso muratore e carpentiere qualificato poi vorrei diventare geometra.
A ventiquattro anni Daniele ha una posizione consolidata. Nell’impresa in cui lavora è apprezzato e ritiene di avere significative prospettive di carriera. Ma il suo futuro è quello imprenditoriale, così da poter coniugare le sue nuove competenze con l’attività agricola, che resta comunque la sua vocazione di sempre.
Sono sempre stato abituato a lavorare in un’azienda mia, di diversi ettari, 200 capi, c’era un lavoro!! 365 giorni l’anno, non ci si fermava mai. Fare l’operaio non mi va, se avessi voluto fare l’operaio la scuola neanche la facevo. È molto duro andare a scuola la sera, sembra facile ma…
A lasciare l’azienda sono stato invogliato da mio padre, lui ha venduto quote latte, le mucche da latte, ora c’è rimasto un 50 capi, e se ne occupa mio padre, mia madre è casalinga. Ma ce la fa benissimo con l’organizzazione che c’è stata, le infrastrutture ce le abbiamo…I capi li svezziamo e li portiamo all’ingrasso, senza mangimi. Infatti non si riesce a ingrassare nel tempo in cui gli altri ingrassano con differenti prodotti, ecco. È un settore anche questo fortemente condizionato da mercati artificiali soprattutto il latte, le grandi multinazionali oggi del latte dell’agricoltore se ne fregano, lo possono fare in milioni di modi, la chimica ha distrutto l’agricoltura. Sia il latte che la carne. È che i contadini sono sempre stati una classe di ignoranti dal punto di vista che non si sono mai legati, ed è stato il più grosso sbaglio…La mentalità individualista. D’altra parte sarebbe anche stato impossibile legarli, ognuno ha le sue idee, magari se avessero cercato la qualità, che invece si sta distruggendo perché, appunto, il latte dura un giorno, più acqua di quella lì! Siccome ho solo una sorella, che non lavorerà in azienda, cosa potevo fare? Mica posso fare tutto da solo! Mi tocca lavorare 365 giorni l’anno, invece il cantiere lo puoi lasciare lì, oppure la fabbrica la puoi fermare per 15 giorni, ma una stalla è come una macchina, quando l’accendi comincia a andare e quando la spegni non va più…È stato un disastro, si è passati da un centinaio di agricoltori a una decina, ecco.
Nel giro di una decina d’anni. Magari una ventina avrebbero smesso lo stesso perché troppo piccoli, ma chi avrebbe potuto resistere anche è caduto, se va avanti così…Quelle grosse ci metteranno più tempo a capire che non guadagnano, però cadono! Se un imprenditore piccolo non guadagna, quello grosso non può guadagnare, ci metterà solo un po’ di più.Figli di imprenditori nel Mezzogiorno