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Voglia di impresa

Diventare un buon muratore e aprire una ditta per conto mio: così sintetizza il proprio intendimento, la propria aspettativa Gabriele di Perugia, quindici anni, che da solo pochi mesi ha iniziato a lavorare presso un’impresa edile. Neanche ha cominciato, si potrebbe dire, che già vuole mettersi in proprio, a conferma che questa è la prospettiva dei più.
All’altro Gabriele, che vive e lavora a Verona piacerebbe lavorare con mio padre, aprire un’impresa, anche se lui non ha intenzione di aprirla.
Anche Paolo non ha dubbi, non mi piacerebbe restare sempre all’interno di un’impresa, vorrei aprire io una piccola impresa, un’attività mia. Però prima devo imparare tanto, non ho ancora 18 anni…
Mario, come abbiamo visto viene da Napoli, ha poco più di diciotto anni, ma da diversi anni lavora come manovale in Toscana. La sua ultima impresa ha come titolare un albanese e anche lui spera di aprire una ditta per conto suo, per non stare sotto nessuno. Il mio capo ha detto che forse in un paio di anni riuscirò ad aprire una ditta. C’è comunque ancora da lavorare, non basta saper fare bene il proprio lavoro. Ciò che lo preoccupa di più è la gestione delle diverse figure professionali, conoscere di più la parte progettuale: bisogna saper avere a che fare con i geometri, gli ingegneri, ci vuole più sicurezza.
Coetaneo di Mario, anche Matteo di Perugia ha come sogno quello di riuscire a tirar su una dittina mia, una piccola ditta che magari poi diventa grande. Infatti voglio sentire se ci sono dei corsi, come si può aprire una ditta, per sentire anche come meglio comportarsi.
La lista prosegue con l’altro Matteo, di qualche anno più grande, che opera a Bergamo e già ha fatto carriera, e anche rapidamente, approssimandosi ad assumere l’incarico di capo cantiere. Matteo ritiene che l’aspirazione massima per uno con il mio carattere sia la sua impresa, ovviamente. Ma non è detto che si arrivi a ciò, perché non serve solo l’istruzione, servono anche altre cose, ma già arrivare a qualche gradino sotto, già mettersi in proprio, senza fare impresa è già un bel passo. E c’è bisogno di tanta esperienza, non solo pratica, anche teorica. Mentre per l’impresa ci vogliono i soldi. Se non si ha una spinta all’inizio è dura, non impossibile ma…Una volta era più facile. Perché se mi chiedono un lavoro io come impresa devo avere un certo budget per garantirgli la qualità di quel lavoro.
Matteo disegna un percorso, sottolinea che vi sono differenti e successivi livelli che portano da dipendente a lavoro autonomo, ad artigiano fino a creare una vera e propria impresa. C’è una piacevole sensazione che non si rinuncia ad avere ambizioni, a pensare anche in grande. Interessante è il discorso di Francesco che coniuga il suo desiderio di impresa con il sogno di poter lavorare insieme ai suoi amici che come lui lavorano, ma che hanno specializzazioni diverse, contigue con il settore dell’edilizia: idraulica, elettricità ed altro. Il mio desiderio è di lavorare coi miei amici, insieme, creare una piccola cooperativa che investa diversi campi, l’idraulica, l’edilizia, in modo da prendere anche appalti completi, insomma. Spero innanzitutto di avere più esperienza di adesso, e poi di lavorare in proprio sempre nel campo del restauro.
Daniele ripercorre mentalmente il percorso e le motivazioni che lo spingono a fare impresa.
Il mio obiettivo è quello di fare l’imprenditore edile. Sono sempre stato abituato a lavorare in un’azienda mia, di diversi ettari, 200 capi, c’era un lavoro!! 365 giorni l’anno, non ci si fermava mai. Fare l’operaio non mi va, se avessi voluto fare l’operaio la scuola neanche la facevo. È molto duro andare a scuola la sera… Spero di realizzare il mio sogno, fra dieci anni spero di esser sposato, anche se non riesco a far l’imprenditore o anche l’artigiano, basta che non ho un capo che mi dice cosa devo fare, voglio gestirmi da solo. E poi voglio rimanere qui e avere gli animali, sono legato al mio paese. Voglio una vita modesta, crescere, magari sbagliando, ma andando sempre avanti, mai tornare indietro! Costruire, essere considerato, questa è la più grande soddisfazione, essere considerato dalla gente, più che il lavoro in sé, essere considerato come persona, essere un punto d’appoggio o un esempio.
Ragazzi pieni di entusiasmo, che credono che nell’edilizia si possa crescere, ci si possa realizzare come persone oltre che professionalmente e che possa consentire loro di raggiungere traguardi di autonomia decisionale oggi impensabili. Vale allora la pena di mettere a confronto il loro sguardo verso il futuro con quello di un uomo adulto che ha percorso molte di quelle tappe che i giovani si attendono di percorrere. La sua vita è stata tutta all’interno dell’edilizia e come molti di loro l’edilizia è stata una scelta voluta e perseguita anche contro la volontà dei genitori. La sua storia è fatta di successi e di passi indietro, ma costituisce un interessante termine di paragone, anche per le osservazioni congiunturali in essa contenute.
Roberto è nato a Lazzano lombardo, in provincia di Bergamo nel 1961.
Mio padre ha sempre lavorato nell’edilizia e io preso la sua passione fin da giovane, ho fatto 5 anni in stabilimento prima, perché il babbo non voleva che seguissi le orme, mi diceva che era un lavoro molto faticoso, però poi ho voluto scappare dalla fabbrica perché l’avevo nel sangue questo lavoro, allora ho cominciato a lavorare sotto un’impresa edile per 6 anni, come dipendente, poi ho deciso di mettermi in proprio. Ho fatto quasi 11 anni di artigiano, poi per vari motivi sono tornato sotto l’impresa, e ho voluto fare la scuola edile per avere la possibilità di riaprire nuovamente un’attività. Ho smesso di studiare dopo le medie, a 15 anni, poi sono stato in fabbrica fino 20 anni, negli anni 80, ho fatto 5 anni, sono entrato come manovale, poi sono diventato operaio specializzato. Mio padre era già operaio specializzato presso un’impresa. Certo, prima era un po’ diverso perché il lavoro si faceva tutto dall’inizio alla fine, non come adesso che si chiamano i cottimisti da fuori. Noi facevamo tutto, dal cemento armato, al ferro, ai tavolati. È un lavoro che amo, che non cambierei, vorrei solo riaprire perché ho due figli che potrebbero poi proseguire l’attività, per questo faccio la scuola, per avere poi il diplomino che in edilizia penso sia molto importante. Adesso poi i più vecchi ti fanno vedere come si fa, allora invece si nascondevano, non ti facevano mica imparare, 20 anni fa se un anziano posava una scala di marmo ti mandava sempre via, non ti lasciava vedere, avevano paura che gli rubavi il posto. Oggi non tutti vengono con la passione, però si cerca di fargli imparare qualcosa a quelli più interessati. Prima per imparare dovevo lavorare durante la pausa, mentre gli altri mangiavano il panino, oppure aiutando i più vecchi che non ce la facevano a star dietro agli altri, era un doppio lavoro che si faceva per imparare.
Durante gli anni 80 lei ha imparato a fare tutto, per poi potersi mettere in proprio?
Eh, si, per controllare che le cose siano fatte bene, che il carpentiere faccia bene il lavoro, se il ferraiolo mette il ferro bene, devi saper fare tutto. Ma ho imparato anche prima, fin da ragazzo, prima si usava andare ad aiutare il padre, lo zio, anche la domenica. D’estate si andava in cantiere per imparare qualcosa.
Quando ha fatto l’esperienza di lavoro autonomo, già stava cambiando l’edilizia?
Si, stava cambiando qualcosa. Io sono diventato artigiano nell’86, però c’era un po’ di crisi, infatti sono andato a lavorare un po’ in Liguria, due anni, là c’era tutta un’altra maniera di lavorare: qua si lavora veloci, là invece no, un lavoro che qua ci vuole una settimana, là ci mettono tre settimane. Là si lavorava a cottimo, lavoravamo dalla mattina alla sera. Comunque Bergamo e Brescia per l’edilizia sono le province migliori.
E perché ha deciso di tornare?
Ho deciso di tornare sotto padrone perché io essendo un artigiano che prestavo manodopera non avevo tutta l’attrezzatura, avrei dovuto investire, non avevo le possibilità, ha deciso di fare la scuola, di togliermi i debiti, mettere a posto tutto. Ora lavoro in un impresa di 10-12 persone. Io sono capo cantiere, gestisco, organizzo tutto io. Però dopo la scuola vorrei tornare a mettermi in proprio, ho due figli e spero che almeno uno mi segua.