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Muratori per sempre?

Per molti una tappa intermedia importante è diventare capo cantiere. È questo uno degli obiettivi che traspare dai racconti, confermato del resto anche da Roberto in chiusura della sua testimonianza. Da capo cantiere il passo verso il lavoro autonomo e l’impresa appare più facile. Si acquisisce quella sicurezza che Mario prima individuava come una tappa irrinunciabile del percorso di carriera; si accumula quell’esperienza nei rapporti con gli altri soggetti coinvolti nel processo produttivo; si sperimenta la propria capacità gestionale.
Andrea e Matteo, per strade diverse, uno alla soglia dei venti anni, l’altro poco più grande, svolgono questo compito che per loro è di grande soddisfazione, anche in relazione al fatto che il traguardo è stato raggiunto in così giovane età.
Andrea è di Villafranca, in provincia di Verona e ha diciannove anni. Prima abitavo a Villafranca, ora vivo a Verona. Papà faceva l’artigiano, mia madre lavorava, faceva l’impiegata, mio fratello lavora all’Enel e fa anche il maestro di musica, mia sorella è impiegata. Ho studiato fino alla terza media, poi mio papà mi ha detto della scuola edile e mi ha iscritto. Mi sono trovato bene, il primo anno era a tempo pieno, da lunedì al venerdi, poi mi hanno chiesto in quale impresa volevo andare e mi hanno preso in un’impresa vicino casa mia come apprendista. Facevo lavoro e scuola, però quelli che vengono dalla scuola sono un po’ mal visti e cercano di tenerti sotto. Poi ho finito anche il secondo anno e mi hanno dato il diploma di operaio edile, già a 16 anni. Poi ho conosciuto due amici che facevano la scuola di capi mastri serale, che lavoravano. Mi hanno detto che potevo fare la terza direttamente e ho provato. All’inizio stavo un po’ indietro rispetto agli altri, alla fine dell’anno però ero già uno dei migliori, mi hanno dato un ottimo. Ho fatto il militare, e poi, appena tornato, agosto 2000, mi hanno affiancato a un capo cantiere che deve andare in pensione, poi diventerò capo cantiere.
Tra le difficoltà maggiori per un capo cantiere così giovane c’è il dover dire a un muratore che sta sbagliando. Bisogna avere alle spalle un po’ di esperienza, devi sapere meglio di lui come si fa. La scuola serve, ma la pratica non è mai abbastanza.
Matteo è nato a Seriate in provincia di Bergamo nel 1978.
Mio nonno era capomastro, mio padre è muratore, e io è da quando avevo 8 anni che volevo fare questo lavoro, mio padre invece non voleva assolutamente perché sa che vita è, io ho insistito e mi sono trovato bene. La mia è stata una scelta voluta. Ho fatto le medie, poi due anni di scuola edile, per prendere la qualifica, sinceramente io le scuole le ho sempre odiate, avrei voluto subito andare a lavorare. Invece mio padre mi ha detto di fare la scuola per non partire proprio da zero, altrimenti è ancora più dura.
Mio padre ha cambiato spesso, ha fatto l’artigiano, poi il muratore, ha cambiato spesso imprese…Le ha provate un po’ tutte. Io lavoro sotto l’impresa Poroni, quella del presidente della scuola, è un’impresa grande, fa dighe, chiese, non le solite casette. Io svolgo lavoro di muratore, prima stavo in un’altra impresa, ora mi danno più responsabilità, tipo tra poco dovrò prendere in mano un canterino da finire, e insomma, a 22 anni avere la responsabilità di un cantiere non è poco!! Non è come iniziarlo, però anche finirlo è un lavoro importante. Ci sono molti dipendenti, io è da due anni che sono qui e devo ancora conoscere tutti. Io ne avrò conosciuti una quindicina. È bene organizzata e ci tengono molto alla formazione. E anche io penso sia importante la scuola, perché prima devi imparare sulla carta e poi vedi i risultati sul lavoro. Rispetto a mio padre io capisco che mi serviranno anni e anni per arrivare a un livello così, perché lui arriva a fare un lavoro con tranquillità e velocità allo stesso tempo e arriva a una soluzione senza andare troppo per le lunghe: l’esperienza è esperienza, non ci son storie! Anche a mio padre hanno proposto di fare il capo cantiere ma a lui non interessa, non vuole prendersi responsabilità. Io cerco sempre di andare oltre, provo ad andare sempre più su, non mi pongo limiti, non c’è più il muratore sporco e ignorante, ci sono muratori che fanno star zitta molta gente, sanno il fatto loro. E loro lo hanno fatto con l’esperienza, ma visto che oggi c’è la possibilità di accelerare queste cose con la scuola.…
Andrea e Matteo hanno entrambi in testa l’impresa, ma non sanno oggi dove sia realmente il proprio futuro. Certo le boe intorno alle quali lo costruiranno saranno sicuramente le opportunità che il destino offrirà loro, come certamente le prospettive e le aspettative di guadagno, quei soldi che per molti sono il motore delle scelte e che come vedremo nell’edilizia diventano spesso un problema per mantenere legati i giovani.
Resta il fatto che essere capo cantiere ad una così giovane età è un’opportunità da far fruttare, anche all’interno di quel processo di consolidamento conoscitivo e professionale che costituisce un fattore decisivo di competizione. Lo sottolinea Andrea che alla domanda come ti vedi tra dieci anni risponde sicuramente capo cantiere, poi spero anche geometra. Comunque resterò in edilizia, spero di essere sposato, con dei figli, con una casa.
Come Andrea altri ragazzi hanno espresso il desiderio di restare nell’edilizia ricercando un percorso di carriera all’interno di imprese di altri.
Damiano era portato per fare i conti, per fare il geometra, però non mi andrebbe di stare dietro una scrivania, fare il capo cantiere o il geometra di cantiere sarebbe il mio sogno, adesso.
Claudio non sa se aprirà un’impresa perché ci sono da fare sacrifici economici e fisici. Io vedo mio padre che lavora sempre, non ha un attimo di pausa. Io penso di continuare così.
Di Diego abbiamo già parlato: il suo desiderio di fare il muratore è legato ad altri obiettivi. Il mio sogno è fare il muratore che sa fare il suo lavoro, spero di andare in missione, mi sposerò…
Marco di Matera ritiene che lavorare come dipendente è meglio perché fai le tue otto ore e poi hai finito, se invece hai l’impresa devi lavorare sempre; devi andare in giro guardare a destra e a sinistra. Per Leonardo, siciliano trapiantato in Toscana carriera è sinonimo di impresa propria, ma le sue vicende personali e familiari lo hanno vaccinato contro i rischi imprenditoriali. Per questo ci dice non penso di far carriera, penso di lavorare sempre sotto altre persone, perché fare l’imprenditore è difficile, ci si stressa troppo.
A loro resta una strada dove alla fine non c’è il lavoro autonomo ma la vocazione operaia, intorno alla quale costruiranno il proprio futuro, cercando di acquisire quelle risorse e competenze per migliorare progressivamente la propria condizione.
Dal questionario sembra emergere un percorso possibile che si basa sul continuare ad imparare e a specializzarsi, condizione principale per oltre il 50 per cento dei ragazzi del Nord e del Sud, e per il 41 per cento di quelli delle regioni centrali.

Secondo te qual'è il percorso perfar carriera?

Totale Nord
Totale Centro
Totale Sud
Totale Italia
*
203
100
12
315
-
64
31,5
27
27,0
0
0,0
91
28,9
a
71
51,1
30
41,1
6
50,0
107
34,0
b
13
9,4
4
5,5
2
16,7
19
6,0
c
12
8,6
7
9,6
2
16,7
21
6,7
e
28
20,1
17
23,3
2
16,7
47
14,9
z
15
10,8
15
20,5
0
0,0
30
9,5
203
100
12
315

*
numero questionari
-
non risponde
a
continuare ad imparare e specializzarsi
b
fare la gavetta
c
apprendere dai più anziani
e
impegno e passione
z
altro

 

Come si vede, accanto alla crescita professionale conta però anche avere passione. È questa una delle doti essenziali che la maggioranza dei ragazzi indica se si vuole fare carriera.

Da cosa si capisce se una persona è portata a fare carriera?

Totale Nord
Totale Centro
Totale Sud
Totale Italia
* 203 100 12 315
-
53
26,1
35
33,3
12
100,0
100
31,3
a
48
23,6
18
17,1
0
0,0
66
20,6
b
42
20,7
20
19,0
0
0,0
62
19,4
c
10
4,9
1
1,0
0
0,0
11
3,4
d
2
1,0
3
2,9
0
0,0
5
1,6
e
3
1,5
2
1,9
0
0,0
5
1,6
f
32
15,8
15
14,3
0
0,0
47
14,7
z
13
6,4
11
10,5
0
0,0
24
7,5
203
105
12
320

*
numero questionari
-
non risponde
a
voglia di lavorare
b
passione, interesse, amore
c
precisione
d
ambizione
e
ivelocità
f
si comporta responsabilmente
z
altro

Alla domanda ha risposto il 70 per cento. Voglia di lavorare, passione e un comportamento responsabile sono risultate le doti che secondo la stragrande maggioranza dei ragazzi si debbono possedere se si vuole crescere professionalmente ed economicamente restando a lavorare in un’impresa edile.
Disponibilità e impegno sul lavoro, entusiasmo, predisposizione a farsi coinvolgere, avere nei confronti dell’attività edilizia una predisposizione e allo stesso tempo essere responsabili delle proprie mansioni e dei propri compiti. Questo atteggiamento emerge anche dalle testimonianze, non in singole risposte, ma dall’insieme dei racconti.