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Intervento
Mario
Bertoli
- Direttore ELSE scuola edile Livorno
Prima
di tutto vorrei scusarmi con Giovanni Carapella per non aver approfittato
dell'occasione offerta a tutte le strutture, che hanno preso parte alla
prima annualità del Progetto Sperimentale "Formazione per
l'apprendistato" di attivare un confronto sulle diverse problematiche
incontrate durante la gestione mediante il Forum, che il Formedil ha
aperto sul proprio sito.
È certo che i molti aspetti ricordati da Giovanni Carapella nella
sua introduzione non potranno essere esauriti con questo significativo
incontro di oggi e neppure dalla "piazza virtuale" a cui affidiamo
il compito di essere la memoria delle nostre riflessioni in tema di
formazione esterna per gli apprendisti. In questa sede, e come primo
contributo, vorrei porre l'accento sul significato del "percorso
formativo personalizzato", sulle carenze operative delle verifiche
di partecipazione alle iniziative formative, sulla figura del tutor
aziendale, sui crediti formativi, sulla scarsa attenzione da parte del
legislatore di dare all'iniziativa un respiro a livello europeo. Credo
che come primo passaggio mi dovrò limitare ad alcuni parametri
per ogni aspetto, consegnando al momento del Forum una trattazione più
completa.
Partiamo quindi dal primo punto evidenziato: il percorso formativo personalizzato.
Non è certamente da sottovalutare a mio avviso il fatto che ancora
una volta abbiamo dovuto farci carico come Scuole di dover costruire
modelli capaci di rispondere ai fabbisogni formativi, alle necessità,
all'operatività di ogni singola impresa da cui provengono gli
apprendisti.
All'interno del nostro settore convivono tanti settori quante sono le
imprese edili. Quello che pensa di trovare l'apprendista è la
fotocopia , più o meno venuta bene, della sua "bottega"
e, quando si cerca di trasferire nel percorso formativo altre coordinate,
molte volte dobbiamo fare i conti con il suo rifiuto a collaborare.
Per una gestione dei percorsi personalizzati dovrebbero inoltre essere
assegnate alle Agenzie formative adeguate capacità finanziarie
e certamente i valori economici della presente normativa non consentono
di realizzare veri e propri percorsi rispondenti alle richieste di ogni
singolo apprendista. L'aspetto del controllo della partecipazione all'attività
formativa è, a mio parere, una delle zone in ombra della presente
normativa. Si parla di monte-ore, di attestati di partecipazione, di
segnalazione mensile, ecc. ecc. e poi ancora una volta l'esercizio di
un diritto, il diritto per l'apprendista di beneficiare di un periodo
di formazione esterna, non è salvaguardato da nessuno. Non credo
di essere l'unico operatore, che ha ascoltato dalla viva voce degli
interessati il curioso teatrino, che si apre ogni qualvolta scatta il
fatidico periodo della formazione esterna. Tutte le giustificazioni
sono valide per non far partecipare l'apprendista ma vi è una
giustificazione che , a mio avviso, deve farci riflettere: "non
mando più il mio apprendista perché ho visto che quell'impresa
,che non ha mai fatto partecipare il suo apprendista, non ha avuto nessuna
sanzione".
Guardate che se passa questa logica e le presenze saranno in funzione
di "umori" anche il progetto formativo meglio confezionato
sarà messo a dura prova ed alla fine dovrà soccombere.
Ecco perché , in tempi non sospetti, ritenevo che l'impegno delle
Agenzie formative doveva essere rivolto alla figura del tutor aziendale.
Auspicavo che a monte di ogni iniziativa rivolta agli apprendisti vi
fosse una iniziativa analoga per i tutor aziendali e continuando in
questa mia proposta riuscivo perfino a creare imbarazzo, dato che ritenevo
opportuno affidare tutta la formazione al sistema aziendale, riservando
alle Agenzie formative, debitamente accreditate, la gestione della formazione
dei tutor, la realizzazione di supporti didattici, la verifica e valutazione
delle competenze acquisite da ogni singolo apprendista in rapporto al
patto formativo di ingresso, la certificazione dei crediti formativi.
Anche quest'ultimo aspetto ha pieno titolo per essere inserito tra i
messaggi: "abbiamo urgente bisogno di capire" .
Se è corretto parlare di sistemi e non di sistema è altrettanto
corretto parlare e riflettere sulle diversità di cui sono portatori
i fruitori del progetto formativo. Abbiamo, infatti, apprendisti che
sanno a malapena leggere, apprendisti diplomati, apprendisti che, avendo
rifiutato ogni rapporto con il modello scolastico, fanno fatica, forse
anche per colpa nostra, a ritrovarsi all'interno del progetto, apprendisti
invece che riescono a collegare questa esperienza alla loro realtà
quotidiana nel modo più appropriato. Questo aspetto ci riporta
al percorso formativo personalizzato e al coinvolgimento del tutor aziendale
perché questo progetto formativo trovi un forte collegamento
nell'esperienza lavorativa dell'apprendista.
Un forte limite della vigente normativa è ascrivibile alla mancata
apertura alla dimensione europea. Credo che sarebbe molto opportuno
far svolgere un breve modulo ai giovani apprendisti in altri paesi della
Comunità. Questa esperienza , vissuta certamente come momento
formativo e non come "scampagnata di qualità", potrebbe
offrire ai nostri giovani molte occasioni per riflettere, per interrogarsi
ed interrogare, per sentirsi parte attiva nella costruzione di un'Europa
senza barriere, per poter dialogare con i loro coetanei sulle attese
dei giovani in una società, che è più attenta alle
necessità dei mercati e dei capitali che a quelle dei cittadini
ed in particolare a quelle dei giovani. Sulla validità della
formazione professionale vissuta nella dimensione europea si dovrà,
a mio avviso, aprire al più presto un confronto tra i due schieramenti,
i favorevoli ed i contrari, ed analizzare, senza censure ideologiche
da nessuna delle parti, le cose che hanno funzionato e quelle che non
hanno funzionato, valorizzando ulteriormente le prime e correggendo
in modo opportuno le seconde.
Sarebbe un controsenso affermare che ci sentiamo europei ma ci rifiutiamo
di parlare della dimensione europea della formazione professionale.
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