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Intervento
Bruno
Ferrari
- Direttore Scuola Edile Firenze
Nella
seconda fase dellapprendistato, la seconda annualità, abbiamo
modificato radicalmente tutto o quasi quello che avevamo fatto nel primo
anno. Quello che ha detto il dott. Bertoli allinizio del suo intervento
e anche quello che è stato detto dal rappresentante della Regione
Emilia Romagna sono delle premesse indispensabili; ma poi rimangono
molti altri problemi irrisolti in questa faccenda dellapprendistato;
e siccome rimarranno irrisolti per molto tempo, sono personalmente convinto
che lapprendistato rimarrà sperimentale per molti anni.
Sulla base dellesperienza di questo primo periodo; dei contatti,
confronti e discussioni con la scuola pubblica proprio per integrare
i percorsi didattici; delle nuove disposizioni della Regione Toscana
sui contenuti della formazione per gli apprendisti, ho provato la sensazione
che manca un aspetto rilevantissimo, questo: come parlare
a dei ragazzi che di scuola non ne vogliono sapere e che spesso hanno
una formazione di base molto lontana da quello che dovrebbe essere necessario,
essenziale per un lavoratore e prima ancora per un cittadino medio.
Di conseguenza nella seconda fase dellapprendistato ci siamo rivolti
ad una associazione che ha accumulato una lunga esperienza nel mondo
della scuola proprio nella elaborazioni di metodologie, linguaggi, analisi,
ecc., nei confronti di giovani che presentano maggiori difficoltà.
E un modo di affrontare i problemi che non era del tutto rintracciabile
allinterno della scuola edile, nonostante labitudine a trattare
con una certa tipologia di allievo.
Con loro abbiamo formulato la domanda: come possiamo fare in modo che
questi ragazzi, che normalmente hanno una esperienza scolastica negativa
alle spalle, dicano: vado a scuola e finalmente mi diverto; finalmente
riesco ad imparare e finalmente (magari) mi viene voglia di smettere
di lavorare e di tornare a scuola.
Per mostrare a questi giovani che imparare in un certo modo è
bello, importante e anche produttivo dal punto di vista personale, è
stata attuata una sperimentazione didattica, che, partendo dalla base
tecnica teorica o pratica, ha impostato un percorso anche
individualizzato di conoscenza di sé e delle proprie competenze;
delle proprie capacità di comunicare; di lavorare in gruppo,
di trasmettere disposizioni di lavoro e quindi di impadronirsi del processo
logico delle diverse fasi lavorative, ecc.
Un percorso che è partito sempre dalla pratica concreta,
cercando di far emergere la teoria come una richiesta, frutto
del desiderio personale di apprendere e di migliorare.
In questo modo anche gli strumenti didattici a disposizione sono sembrati
ad esempio a-stratti e inadeguati.
I risultati di questa seconda annualità sono stati a mio parere
importantissimi, soprattutto in vista del lavoro che resta da fare per
impostare una formazione che permetta di raggiungere gli obbiettivi
che vengono posti per lapprendistato.
Anche noi abbiamo avuto i problemi di tutti: di 25 apprendisti frequentanti
nella prima an-nualità (iscritti 31), solo 13 si sono iscritti
alla seconda annualità e hanno terminato ancora meno (10).
Questa seconda fase ci ha permesso davvero di dialogare con questi ragazzi,
di inventare percorsi anche individualizzati, più personalizzati;
lambiente che si è creato tra docenti interni ed esterni
e gli allievi è stato veramente positivo. La sperimentazione
ha rovesciato il modo in cui noi abbiamo sempre fatto lezione. Si possono
usare tutti gli strumenti che uno vuole, ma in realtà manca molto
spesso nelle nostre lezioni tradizionali questa capacità di estrarre
dallindividuo tutto quello che lindividuo può dare,
di esaltare le sue potenzialità, soprattutto nel caso di giovani
che sono scappati dalla scuola in un certo modo o hanno subito quella
che può essere definita una espulsione dolce e che spesso non
hanno problemi positivi neanche nellesperienza la-vorativa.
Riuscire a impostare bene la fase sperimentale e trarne le dovute conseguenze
e inse-gnamenti per il futuro è di fondamentale importanza, perché
anche le regioni, alle quali è delegata la formazione per gli
apprendisti da ora in poi, hanno presentato delle indicazioni programmatiche
di unastrazione incredibile; uno legge questi documenti e pensa
tra sé: ma dove vivono, con chi hanno a che fare questi esperti;
ci si chiede se lhanno visto un apprendista (non parliamo ovviamente
dei diplomati avviati al lavoro con questo strumento).
Ecco perché ritengo che nel nostro caso il metodo, il come
fare nei confronti di questi giovani è esso stesso sostanza;
è impossibile distinguere metodo e contenuto, come è successo
nelle lunghe discussioni che hanno preceduto la preparazione dei programmi
di accreditamento per lo svolgimento della formazione per apprendisti.
Se riusciamo a farli vivere bene durante la formazione, a farli divertire,
con tutto il signifi-cato positivo che ha in questo caso la parola divertimento,
credo che avremo fatto vera-mente tantissimo per gli apprendisti.
Grazie
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