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Intervento
Enzo
Colardo
- direttore della scuola Edile di Como
Sarò
sintetico, per non sottrarre spazio ad altri interventi, ed anche perché
ritengo che il tema dell'apprendistato in generale, ed in particolare
gli esiti del progetto sperimentale gestito dal Formedil, meriterebbero
approfondimenti molto vasti ed inoltre che lo strumento principe, da
privilegiare e sviluppare per raccogliere le impressioni degli interessati
debba essere il forum che il Formedil ci mette a disposizione sul suo
sito Internet.
Toccherò quindi brevemente tre punti:
1.
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Un
flash sull'esperienza del gruppo di progettazione per il progetto
nazionale apprendisti impiegati che ho avuto il piacere di coordinare |
2. |
Un
accenno alle problematiche di messa a regime, della sua trasferibilità
al sistema apprendistato in sede locale, ed il rapporto instaurato
con le imprese |
3. |
Infine
un paio di sottolineature sulle attenzioni necessarie da un lato
ad inquadrare le problematiche dellapprendistato nel sistema
più ampio della riforma dellistruzione, dallaltro
ad impostare e gestire correttamente lapprendistato come un
tassello ad alto impatto formativo nelle procedure di ingresso nel
settore edile. |
1. |
Sull'esperienza
inerente alla progettazione del percorso formativo per gli apprendisti
impiegati, sia tecnici che amministrativi. Il gruppo si è
cimentato con il compito di definire una mappa delle competenze
e quindi di Unità Modulari di Competenze Certificabili.
Ho avuto il piacere di coordinare, per conto del Formedil, questo
gruppo di lavoro, estremamente efficace, costituito dalle scuole
edili della Lombardia Colgo qui l'occasione per ringraziare tutti
per l'attività svolta e limpegno profuso.
In verità abbiamo dovuto affrontare non poche difficoltà
nel progettare questo percorso formativo, perché ci siamo
resi conto ben presto che non partivamo da esperienze progettuali
diffuse e meno che mai consolidate, ed infatti questo tipo di percorso
più lo si sviscerava, più andava caratterizzandosi
con connotazioni di novità molto marcate.
Abbiamo quindi preferito utilizzare, salvo 4 moduli individuati
come comuni ed obbligatori per tutti, una traccia molto flessibile,
che consentisse di utilizzare il modello di riferimento il più
liberamente possibile dai vari centri di formazione, in funzione
delle esigenze che man mano si presentassero loro in fase di attuazione.
Proprio perché tale modello presuppone un vasto ambito di
progettazione esecutiva e di dettaglio diffusa, da svilupparsi da
parte dei singoli centri attuatori, è ora estremamente importante
che essi si impegnino a restituire dei feed-back, sulle proprie
esperienze.
Pertanto ciò che io chiederei a chi ha attuato questo modello
da noi progettato, è di rinviare delle osservazioni e di
aprire un dialogo sulle esperienze di attuazione.
Credo che su questo fronte bisognerà investire ancora molto
in futuro, perciò sollecito l'uso di questo strumento, il
forum, messo a disposizione dal Formedil, che ci potrebbe dare notevoli
opportunità di crescita. Quindi ribadisco il mio invito:
personalmente sarei molto curioso di sentire un po cosa è
successo nei centri attuatori dei progetti, piuttosto che dilungarmi
oltre nel raccontare le esperienze del gruppo di progetto.
Naturalmente resto sempre disponibile per tutte le eventuali richieste
di chiarimento di approfondimento che ci dovessero essere. |
2.
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La seconda
cosa che vorrei sottolineare, è forse il punto nodale di
questo progetto sperimentale, che stiamo conducendo a livello nazionale.
Occorre ora chiedersi come sia possibile favorire il trasferimento
al "sistema formativo locale" di questa nostra competenza.
Ciò perché, dopo questa esperienza pilota, estremamente
positiva per quanto mi riguarda, ognuno di noi ora dovrà
confrontarsi con le realtà locali, e ciò aumenta le
complessità operative.
La palla è passata ora alle Province. La gestione degli apprendisti
avviene su una base completamente diversa da quella del progetto
sperimentale, con poche chiarezze e con una diversificazione incredibile
dei meccanismi di governo di queste esperienze.
Per l'Amministrazione Provinciale di Como ad esempio, mi limito
a parlare di quello che conosco, il primo progetto attuativo per
la formazione esterna degli apprendisti, prevede sulla carta 73
corsi, e riesce a vedere la luce solo in questi giorni e per soli
quattro corsi di cui due per il settore edile. Nessuna certezza
per il dopo.
Gli altri 69 corsi sono rimasti, per il momento, in un cassetto,
soprattutto in conseguenza una serie di modalità organizzative
complicate, scelte con una incredibile serie di auto-imposizioni
operative, rivelatasi poi tragicamente miope.
Quste incongruenze si sono ripetute anche a livello progettuale,
nel senso che sono state sostanzialmente ignorate, in maniera totale,
anche le nostre esperienze condotte col progetto Formedil.
Il massimo di contraddizione del sistema lo registro quando: da
una parte mi trovo dei consulenti ISFOL che vengono a intervistarmi
nell'ambito di un monitoraggio e valutazione degli interventi svolti
per il progetto Formedil al fine di raccogliere e riportare in un
luogo centrale, queste esperienze ed elaborare un modello che possa
entrare a regime in maniera più strutturata e comunque soppesando
attentamente i risultati e le esperienze sperimentali come le nostre,
e dallaltra mi trovo in una realtà locale che, pur
avendo la responsabilità organizzativa di questi interventi
formativi, ignora totalmente queste nostre esperienze, e quando
sono state proposte allattenzione le rifiuta.
Se devo trarre indicazioni da quanto sta succedendo, prevedo che
i passi necessari all'amministrazione pubblica per una messa a regime
del sistema saranno piuttosto difficili da gestire, e per noi enti
di formazione ancora più complessi da attuare.
Non riesco a vedere lattuabilità di quello che accennava
prima Giovanni Carapella a proposito del possibile ruolo di interfaccia
delle scuole edili come facilitatori o gestori addirittura dei rapporti
di collocamento, connotate come elementi di nesso tra la domanda
e lofferta, che mi pare invece vada assumendo tutta una serie
di logiche e di meccanismi che noi, io perlomeno, vedo fuori dalle
possibilità di governo dei nostri enti di formazione. Ma
può darsi che le mie informazioni in merito non siano sufficientemente
approfondite.
In questo momento noi a Como stiamo facendo formazione su commessa
dellAmministrazione Provinciale, tanto per essere chiari.
Ciò vuol dire che noi non siamo affatto attori diretti di
questo processo, come è avvenuto ad esempio per il progetto
sperimentale, ma solo una parte esecutiva, una parte del processo.
Questa è la fotografia oggi della nostra realtà, un
po deprimente, ma tant'è, con questa occorre confrontarsi.
Su un altro fronte però la mia esperienza territoriale mi
conforta.
Il buon rapporto del nostro ente di formazione con l'associazione
delle imprese e con gli imprenditori edili finora coinvolti. Merito
forse della serietà delle nostre iniziative formative, ma
il risultato finora è di un'alta disponibilità alla
partecipazione.
Io, nel mio territorio, da questo punto di vista problemi particolari
proprio non ne ho avuti e credo che questa sia una cosa molto particolare
e positiva e quindi ve la riporto tale quale è, senza per
questo aggiungere altro ad un dato di fatto, a quello che effettivamente
succede.
Dal punto di vista operativo, nella gestione dei progetti, anche
da noi è successo quello che abbiamo sentito dire anche da
chi mi ha preceduto: ci sono state dispersioni per motivazioni varie,
però di fondo abbiamo tenuto molto duro sulla qualità
di quello che andavamo a proporre ed abbiamo adottato un approccio
molto diretto con le imprese, abbiamo illustrato prima gli obiettivi
dellintervento ed abbiamo potuto focalizzare, e penso soddisfare,
alcune necessità delle imprese.
Indubbiamente va ancora fatto moltissimo: occorre favorire l'avvio
di questa importante innovazione culturale, vanno formati i tutors,
insomma va fatto effettivamente un lavoro molto ampio, e dobbiamo
registrare che il nostro tam-tam informativo, porta a porta, questo
spiegare molto agli utenti ed alle imprese, effettivamente qualche
risultato positivo finora lo ha dato. Il risultato è che
abbiamo anche svolto addirittura qualche corso in più rispetto
a quello che si era previsto di fare inizialmente.
Ripeto, può darsi che questo andamento positivo sia soltanto
un caso o può darsi che sia una condizione provvisoria. Non
escludo che da qui a un po di tempo qualcuno, accorgendosi
che il suo vicino (e concorrente) è assente alla formazione,
possa essere fortemente tentato di "risparmiare" le famose
120 (o 240) ore di formazione previste dall'apprendistato.
Ciò rappresenta effettivamente un grave pericolo, non solo
per il rischio di svuotamento delle attività, ma anche per
una potenziale compromissione del nuovo quadro di riferimento nazionale
per l'istruzione e la formazione, di cui accennerò nel terzo
e ultimo punto del mio intervento. |
3. |
Credo che per dare un giusto quadro di riferimento allapprendistato
occorra allargare molto gli orizzonti. Lho detto al Formedil
Regionale, in una recente riunione, e lo riporto anche qui, ora,
ai nostri vertici nazionali.
Due in particolare i temi che mi preme proporre all'attenzione di
tutti.
Anzitutto il fatto che il ridisegno complessivo del sistema della
formazione, che porta lobbligo formativo a 18 anni, e che
vede questa necessità di intersecazione ed integrazione tra
i percorsi formativi degli apprendisti, della formazione professionale
e dellistruzione media superiore, va presa in serissima considerazione
dai nostri enti.
Le implicazioni saranno di vasta portata e ci coinvolgeranno fortemente.
E qui mi fermo, per non aprire un nuovo tema di discussione, ma
suggerendo di aprire nuove prospettive di riflessione.
In secondo luogo vorrei sottolineare che, fare della formazione
spot come quella dellapprendistato, spot perché 120,
o 240 ore, a seconda dei casi, è comunque un'attività
molto particolare, si tratta di una formazione molto breve rispetto
ai nostri percorsi tradizionali di prima formazione, che per lo
più erano percorsi a carattere biennale.
Sicuramente è unaltra cosa, richiede nuovi approcci,
e cè un rischio enorme, che occorre non sottovalutare.
Voglio sottolineare cioè, che mentre le persone che venivano
a fare la formazione biennale di base erano erano persone che avevano
liberamente ed motivatamente scelto di fare questo percorso formativo,
oggi invece le persone che vengono a fare il corso di apprendistato
sono demotivate e sono mandate, contro la loro volontà,
a frequentare questi percorsi. E se parliamo di numeri, anche su
questo piano registriamo una dimensione assolutamente diversa, ad
esempio a Como, la mia realtà, si passa passiamo da 50 persone
che frequentano il biennio di prima formazione a 600 apprendisti/anno
potenziali frequentanti a regime.
Ciò cambia radicalmente le condizioni operative, il che vuol
dire che se su questa nuova formazione non facciamo un grande investimento
di preparazione per garantirne la qualità, il risultato rischia
di essere che limmagine che si imprimerà nella memoria
del giovane in riferimento all'offerta della formazione edile, sarà
assolutamente negativa, anche in relazione alle sue potenzialità
di sviluppo futuro e di carriera. Sottovalutando questo aspetto
si rischia di creare un danno enorme.
Occorre dunque impegnarsi, come giustamente ci suggeriva in un incontro
fatto a Milano il nostro amico Tombari, perché si creino
le condizioni per poter proporre ai giovani che entrano in edilizia,
un percorso di carriera, una vera prospettiva di crescita per la
loro vita lavorativa.
Vi ringrazio per lattenzione che mi avete prestato e vi saluto
cordialmente.
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