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Intervento
Paolo Inghilesi
- Responsabile della formazione della CGIL nazionale
La
mia funzione qui è dare delle risposte alle domande avanzate.
La vostra esperienza è una delle migliori che abbiamo nel paese,
nonostante i limiti che qui sono stati onestamente riconosciuti, per
cui non tocca a me dire cosa deve fare dal punto di vista delle metodologie
didattiche, una scuola edile, per conquistare il giovane a percorsi
individualizzati, personalizzati ecc. che sono gli unici rispetto ai
quali poi gli apprendisti sono in grado di entrare in formazione.
Anzitutto un aspetto di carattere generale che mi incuriosisce e che
probabilmente dovremmo anche approfondire meglio.
Noi sosteniamo che in questa società cosiddetta della conoscenza
cè una riqualificazione delle professionalità e
che non è vero che esiste una polarizzazione assoluta di professionalità
(cioè che ci sono da un lato quelli della nuova economia e dallaltro
cè tutto il resto che ha professionalità dequalificate
e che si limita semplicemente a un lavoro esecutivo), credo che anche
in un settore come il vostro, dove tra laltro le questioni legate
alla manutenzione al restauro al recupero ecc. acquisiscono sempre più
importanza, questo problema di una professionalità qualificata
sia un problema che tende a essere posto anche a un livello più
alto rispetto al passato: insomma credo che lidea che il settore
delledilizia è soltanto quello dei brutti, sporchi e cattivi
debba essere superata, bisogna avere una visione più moderna.
Naturalmente esistono dei pezzi importanti anche importantissimi delle-dilizia
ancora dequalificata però penso che una modernizzazione intelligente
deve spingere verso una qualificazione del settore.
Alla luce di questo allora anche il ruolo dellapprendistato si
capisce meglio, perché lapprendistato serve se esiste la
possibilità di andare a delle qualificazioni professionali spendibili
sul mercato del lavoro, spendibili un po a tutti i livelli secondo
quellesempio delle vecchie botteghe artigiane dove appunto, si
tramandavano di padre in figlio delle professionalità che erano
delle professionalità di grande qualità.
Questa sperimentazione è stata da noi avviata: dico noi nel senso
che questa sperimentazione è stata avviata dalle parti sociali
non dalle istituzioni, le istituzioni poi ci hanno fornito i mezzi materiali
per portarla avanti, però siamo stati noi (questo lo rivendico
con forza) quelli che abbiamo voluto per applicare la legge cosiddetta
Treu del 97 fare dei progetti di carattere nazionale articolati
a livello territoriale che consentissero quindi di mettere in formazione
gli apprendisti in un modo diverso dagli anni 50 (quando la legge
del 55 si rivelò poi un fallimento perché attraverso
una formazione teorica esterna e del tutto svincolata dalle esigenze
delle imprese dei lavoratori si arrivò praticamente a un calo
dei corsi fino a un annullamento). È vero che in quella legge
non cerano sanzioni e purtroppo si sa che ci vogliono anche le
sanzioni quando si fa una legge.
Se molte aziende non mandano i ragazzi in apprendistato e nessuno gli
fa niente, è chiaro che chi invece li manda si sente penalizzato.
Bisogna, quindi, che le sanzioni funzionino, però il problema
non si esaurisce con le sanzioni: il problema è quello di riuscire
a costruire dei percorsi formativi che vanno verso la qualità
del lavoro, della professionalità e che vanno nel senso dei fabbisogni
delle imprese e dei giovani.
Noi abbiamo promosso delle indagini dei fabbisogni a livello confederale
che si sono poi articolate settore per settore e ledilizia ha
fatto la sua parte.
Dallindagine fabbisogni emergono dei contenuti anche professionalizzanti
necessari per i giovani, e guardate la cosa più evidente che
emerge è che abbiamo bisogno di una formazione ampia, una formazione
di area che non è legata magari al singolo lavoro che fa in quel
momento il giovane, ma è una formazione che gli permette nel
corso della vita lavorativa di passare anche o da un lavoro allaltro
oppure allinterno del suo lavoro a livelli di professionalità
più alti.
Quindi queste figure professionali, che noi abbiamo individuato comunemente
come organismo bilaterale nazionale nel settore dellindustria,
sono figure appunto ampie, sono soltanto 80 le figure professionali
in tutta lin-dustria rispetto alle 2000 alle 3000 che sono presenti
negli uffici di collocamento classificate molto frammentate.
Ne abbiamo individuate solo 80 accorpandole offrendo anche al sistema
pubblico di offerta formativa la possibilità di costruire una
programmazione dellofferta formativa fatta solo su quelle figure
e quindi una possibilità di costruire momenti formativi che vanno
nel senso della polivalenza e della capacità quindi della crescita
professionale.
Questa esperienza che noi abbiamo avviato ha un grosso neo: nel Sud
si riesce a fare poco. Ho ascoltato il rappresentante di Cagliari che
parlava, anche con una certa sofferenza, degli ostacoli che si sono
incontrati. È però già una cosa positiva il fatto
che a Cagliari si sia fatta quellesperienza.
Pensate che in tutto il Sud noi abbiamo pochissime esperienze di formazione
per gli apprendisti. È vero che nel Sud cè un elemento
che scoraggia lapprendistato: i contratti di formazione lavoro,
perché il contratto di formazione lavoro nel Sud ha la stessa
incentivazione di quello per lapprendi-stato quindi per un imprenditore
è ugualmente appetibile al 100% di sgravi contributivi. Abbiamo
chiesto una riforma ma troviamo una forte opposizione.
Io credo che debba essere individuata da parte di alcune associazioni
imprenditoriali una riforma che concentri sullapprendistato linserimento
dei giovani. I Cfl non ci sembra siano dei veri contratti di formazione
ma soltanto degli inserimenti al lavoro agevolati. Senza questa riforma
credo che sia difficile sviluppare al Sud lapprendistato. Nonostante
questo un 15% degli apprendisti a livello italiano sta nel Sud: almeno
per quel 15% dovremmo essere in grado di fare la formazione.
Un secondo elemento critico riguarda le risorse.
Le risorse che ci sono pur prevedendo massicci investimenti sullobbligo
formativo (pensate che siamo nellordine di 500 miliardi questanno
e dovrebbero diventare 700 lanno prossimo complessivamente tra
Ministero del Lavoro e Ministero della Pubblica Istruzione), probabilmente
non sono sufficienti neanche per rispondere allobbligo formativo.
Quando si dice obbligo formativo si dice che è un obbligo per
un giovane andare in formazione ma è un obbligo anche per lo
Stato e per le Regioni dare i soldi per lofferta formativa.
È come lobbligo scolastico, insomma, se cè
un obbligo scolastico ci devono essere poi delle scuole che permettono
agli studenti di risolvere lob-bligo scolastico.
Noi stiamo spingendo sul Ministero del lavoro, sul Governo, sulle Regioni
perché ci siano risorse adeguate, che possono derivare o da risorse
italiane o da risorse europee. Le Regioni hanno adesso i nuovi fondi
europei e dovranno programmare questi fondi mettendo sulla formazione
iniziale, in particolare sullapprendistato, risorse adeguate per
garantire lobbligo formativo al 100% delle domande.
Se facciamo tutto questo lavoro con i nostri apprendisti e poi però
non abbiamo dove mandarli ci troveremo in una situazione di grande difficoltà.
Ci sono degli atti normativi che devono ancora essere completati a livello
nazionale, anche se a livello di alcune Regioni le cose si fanno. Le
macchine vanno avanti anche se non tutto è perfetto in termini
normativi.
Noi, però, abbiamo lambizione di costruire un panorama
omogeneo a livello nazionale.
Allora gli atti normativi che restano e che chiediamo vengano fatti
sono che i contenuti professionali dellapprendistato siano resi
omogenei e per quelle 80 figure professionali di cui ho parlato; che
gli accreditamenti avvengano in tutte le Regioni; che in materia di
certificazioni finalmente gli attestati di qualifica nel nostro Paese
trovino una sede omogenea a livello nazionale perché valgano
su tutto il territorio nazionale.
Non si può avere un apprendista che ha un attestato valido solo
in una Regione come è la situazione attuale: deve valere su tutto
il territorio nazionale. Ci sono qui dei grossi ritardi da parte delle
strutture pubbliche però sembra che in questultima fase
ci sia unaccelerazione e che Ministero del Lavoro, Ministero della
Pubblica Istruzione e Regioni possano presentare su questo una posizione
omogenea alle parti sociali in maniera che si possa andare poi a costruire
questo sistema di certificazioni in modo da avere crediti spendibili
nelle scuole e sul mercato del lavoro.
Certo stiamo passando ad una seconda fase, dalla fase dei progetti promossi
dalle parti sociali si passa alla fase in cui sono le Regioni che promuovono
questi progetti sullapprendistato e che programmano lofferta
formativa.
Ciò significa che le parti sociali non hanno più un ruolo
dal momento che queste cose diventano programmate dalle Regioni?
Credo che ci debba essere una forte collaborazione tra Regioni e parti
sociali per poter sviluppare questa offerta.
Mi pare che noi abbiamo un ruolo fondamentale come parti sociali, lo
rivendichiamo ma è anche una responsabilità nostra, una
grossa responsabilità perché abbiamo la presenza in comitati
di concertazione a livello nazionale, a livello regionale per andare
a trovare le risorse, perché si possa andare a verificare accreditamenti,
certificazioni, contenuti professionali, competenze trasversali, insomma
linsieme del meccanismo che abbiamo messo in piedi. Quindi abbiamo
delle sedi più politiche che sono questi comitati di concertazione
che in certe regioni funzionano, però, devo dire, in altre Regioni
non funzionano affatto.
La storia delle Regioni meridionali dipende probabilmente anche da questo.
Anche per quel 15% di apprendisti che ci sono nel Sud che pure sono
alcune migliaia (il 15% su 400 mila sono se non sbaglio 60 mila apprendisti)
che ci sono nel Sud, stiamo aspettando che ci convochino nelle sedi
regionali. Nessuno fa niente cè una situazione appunto
di grande dispersione e frammentazione, qualcosa comincia a partire
adesso e questo va bene.
Cè un ruolo generale delle parti sociali e un ruolo specifico
degli organismi bilaterali. Qui, mi siete maestri, perché le
cose che stamattina venivano dette sui fabbisogni, i contenuti,
linformazione la promozione e lorienta-mento, la selezione
dei centri, la progettazione e la produzione di materiali didattici
in maniera che ci siano omogeneità anche a livello nazionale
e non si creino doppioni e sprechi, la formazione dei formatori in particolare
la formazione dei tutor aziendali che penso sia molto rilevante
sono materia dellorganismo bilaterale.
In più, nelledilizia, il sistema bilaterale gestisce anche
direttamente la formazione. Siete solo voi che lo fate perché
negli altri settori tra questi elementi diciamo così di azione
di supporto e la gestione cè una differenza: la gestione
viene fatta da centri di formazione professionale che non sono delle
parti sociali, sono centri specializzati per queste cose che appunto
vengono accreditati per questo, e noi siamo favorevoli anche che ci
sia questa collaborazione tra gli organismi bilaterali da un lato e
questi centri di formazione professionale che devono svolgere al meglio
questo lavoro.
Noi pensiamo che si debba costruire nel nostro paese delle strutture
specializzate per la formazione, per lapprendistato e più
in generale per i giovani in obbligo formativo, che durino nel tempo.
Purtroppo negli altri settori non abbiamo un sistema Formedil, abbiamo
da costruire insieme ai centri di formazione professionale specializzati
una continuità di rapporti che ci assicuri quindi anche nel tempo
le cose che noi vogliamo sullapprendistato e sulla formazione
iniziale.
Chiudo sullobbligo formativo. Scusate ho una parentesi su un punto
che mi sta molto a cuore, il fatto che ci sia questa grande mobilità
per gli apprendisti fa sì che noi dobbiamo concentrare nel primo
anno secondo me le azioni di formazione. Poi, naturalmente, si può
fare il secondo il terzo anno ecc. però dobbiamo anche avere
un po il buonsenso e probabilmente dovremmo pensare anche a delle
modifiche normative, se non di legge perlomeno di atti amministrativi
che ci consentano nel primo anno di concentrare gli interventi di formazione
almeno quelli essenziali che riguardano le competenze cosiddette trasversali,
perché sulle competenze professionali probabilmente le ore sono
poche perché si possa costruire una vera professionalità.
Diciamo che il momento preprofessionale, quello che riguarda linseri-mento
del giovane allambiente di lavoro con tutte le cose connesse a
questo, la conoscenza delleconomia, dei diritti, tutte queste
cose, la sicurezza di cui parlava lassessore allinizio;
tutte queste cose credo che debbano essere concentrate nel primo anno
onde evitare poi che, su queste materie appunto, lapprendista
rischi poi cambiando lavoro di non avere più una formazione adeguata.
Lultima cosa che volevo dire riguarda lobbligo formativo.
Sullobbligo formativo secondo me cè una parte del
vostro futuro, più che sullobbligo scolastico. Io francamente
credo che lobbligo scolastico tocchi alla scuola sostanzialmente
fino ai 15 anni, ma dopo i 15 anni i giovani che si devono inserire
nel mondo del lavoro ancora sono tanti (fino ai 18 anni sono più
del 20% dei giovani in quella fascia di età), hanno bisogno da
un lato di una formazione professionale di base più moderna,
più rapportata alle esigenze di lavoro, non più le 2400
ore, una cosa più breve con degli stages, strettamente relazionata
quindi al momento del lavoro.
Non è apprendistato questo, perché i ragazzi continuano
a stare in formazione professionale di base e quindi le Regioni si stanno
adoperando soprattutto le Regioni che sono più avanzate su questo
terreno per moduli formativi che siano appunto più snelli, più
agili e strettamente rapportati con il mondo del lavoro, con gli stages
per questi studenti, per questi ragazzi che consideriamo appunto studenti
perché sono ancora degli studenti. Quindi probabilmente si avrà
una espansione anche della formazione professionale di base intesa così.
Ci saranno dei ragazzi che invece di andare in una scuola che non gli
permette di affrontare il mondo del lavoro, decidono di andare in una
formazione professionale di base che è riformata e consente di
entrare in un mondo del lavoro con un bagaglio professionale valido
e gli consente quindi non di andare a lavorare pur che sia come succede
spesso, ma con un pochino più di pazienza, magari con un anno
di formazione di base, di inserirsi nelle aziende con un bagaglio professionale
maggiore e quindi di rivendicare sul piano del riconoscimento della
loro professionalità anche adeguamenti salariali più alti.
Laltra cosa importante riguarda in specifico lapprendistato,
il raddoppio delle ore di formazione non è uno scherzo; se lo
faremo sul serio significa permettere uno sviluppo maggiore dei contenuti
dedicati alla professionalità io penso e quindi ci permette di
fare un lavoro che comincia a somigliare di più alle esperienze
francesi.
Qui qualcuno citava esperienze internazionali, io sono andato in Francia
e ho visto come funzionano là, in effetti fanno molte più
ore di noi, fanno molta alternanza tra scuola e lavoro, però
la scuola cè sul serio, la formazione cè sul
serio. Con il raddoppio delle ore di formazione se si andasse a fare
davvero i tre anni di apprendistato saremmo oltre le 700 ore, quindi
questo ci consentirebbe di fare una formazione di pari dignità
rispetto al canale scolastico.
Ecco, voi avete un compito importante come organismi bilaterali in edilizia,
avete il compito di costruire un canale formativo che abbia una pari
dignità rispetto a quello della scuola. Detto questo so tutte
le difficoltà.
Raccordandoci anche con la formazione tecnica superiore, è possibile
pensare a una qualificazione del settore e a un ingresso qualificato
dei giovani nel settore, in maniera tale che sia una cosa che ha una
pari dignità rispetto al fatto che uno continui a studiare, per
prendere un diploma che magari ha molto meno rapporto con il mondo del
lavoro.
Chiudo con una battuta, in Francia ci dicevano che lì fanno attraverso
lapprendistato fino allingegnere, cioè ci può
essere un ingegnere: che invece di fare la scuola sta in azienda e ha
una formazione in parallelo a quello che fa in azienda. Gli imprenditori
che erano lì presenti, i sindalicalisti che erano presenti ci
dicevano che quellingegnere lì è molto più
appetito dalle imprese rispetto a quello che viene da unesperienza
meramente scolastica.
Noi, se non lingegnere, possiamo pensare a delle forme che vanno
dal-lobbligo formativo e dopo lobbligo formativo anche alla
scuola post secondaria in maniera tale da costruire quindi anche delle
figure attraverso questo canale dellalternanza che siano concorrenziali
rispetto a quelle della scuola.
Grazie.
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